Regia di Ruben Östlund vedi scheda film
La visione di un cinico regista.
Il direttore di un museo è alle prese con l’allestimento di una nuova opera, intanto tra i suoi collaboratori c’è fermento per la nuova pubblicità atta a rilanciare la reputazione del celebre edificio.
Film svedese fino al midollo dove i tempi rarefatti ne fanno da padrone, qui c’è una società intera alla berlina, una società all’avanguardia fino all’assurdo più puro tipo il dirigente che in riunione si coccola il figlio neonato, quest’ultimo portato al lavoro con culla e tutto il resto perché giustamente anche la moglie lavora e l’amore di entrambi per il piccolo rende impossibile la presa in considerazione dell’assumere una badante; una Svezia pacata e corretta, che non ha la minima idea di come comportarsi davanti all’imprevisto, che teme lo scomporsi della propria immagine più ancora della figuraccia in sé stessa.
Un film che ragiona di arte, sul fatto che un’opera valga a prescindere dalla sua presenza o meno in un museo, il ragionamento su un’arte sempre più sensazionalistica e nella quale il filo di collegamento al significato di quell’opera è sempre più labile, quasi forzoso; un’arte paradossalmente intrappolata nei canoni d’un perbenismo che fa a botte col bisogno di sangue popolare di persone che, per salvare quel perbenismo, spesso si ritrovano a fare di peggio, si ritrovano inaspettatamente a fare quelle stesse figuracce che temono come la peste.
Un’ironia assurda che in fondo è pura e semplice messinscena, una pura e semplice costruzione tanto semplice da diventare irresistibile, incredibile come un dettaglio fuori posto possa essere devastante nella programmatissima realtà di oggi; una realtà talmente programmata da diventare insensata, ci si chiede verso dove stia andando lo scrupoloso protagonista, impeccabile fuori di casa ma che alle figlie capita conceda sfuriate insospettate, chi è veramente il signor Christian?
The square è pieno zeppo di tematiche collassanti tra loro, un tempo prolungato usato per un’ora e tre quarti in modo ironico, che effetto fa se lo uso per una scena drammatica? Diventa brutale, diventa orrore; un artista morto di fame, cosa succede se lo chiudo in una stanza coi suoi stessi mecenati?
Un film, arte, che ragiona sull’arte attraverso i suoi stessi meccanismi cinematografici; una società all’avanguardia, quella svedese, che con tutte le sue forze cerca di uscire dai suoi stilemi senza però voler sfigurare: poteva essere un capolavoro.
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