Regia di Bharat Nalluri vedi scheda film
Torino Film Festival 35 – Festa Mobile.
Anche i più grandi possono attraversare un momento di crisi. Così, anche un romanziere di successo può essere vittima del fantomatico blocco dello scrittore, con le idee che latitano, le pressioni esterne e un conto in banca che dopo anni di lussuria ha la spia della riserva accesa. Per riattivare l’ingranaggio della fantasia non ci sono tante soluzioni: si può semplicemente aspettare che il tempo faccia il suo corso, assumere droghe pesanti e vedere se delle allucinazioni possono venire in soccorso oppure lo stesso effetto, artisticamente salvifico, può arrivare da input presenti nella vita di tutti i giorni.
Affidandosi principalmente a quest’ultimo fattore, la sceneggiatrice Susan Coyne imbastisce il tipico film natalizio, una favola che, di fronte a un soggetto pieno di spunti, non va oltre il versante compilativo.
Londra, 1843. Reduce da tre insuccessi consecutivi, Charles Dickens (Dan Stevens) vede le sue finanze assottigliarsi velocemente, in maniera inversamente proporzionale alle idee per scrivere un nuovo romanzo, praticamente ferme al palo.
Messo alle strette, ha un primo sussurro quando incontra un anziano intrattabile (Christopher Plummer), mentre il resto scaturisce tra le mura di casa. Intanto, il Natale si avvicina e la sua nuova fatica deve assolutamente essere terminata in tempo per finire sotto l’albero.
Mettere le mani su un personaggio popolare è sempre rischioso, se poi si riprende pure un testo che, a vario titolo, è conosciuto da chiunque, allora la posta in gioco raddoppia.
Al contrario, la formula alle spalle di L’uomo che inventò il Natale è elementare e intende incrociare vari piani di lettura per riportare in vita - tra la carne e gli spiriti - la storia natalizia per antonomasia, che al cinema ha ottenuto ottimi riscontri poco meno di dieci anni fa con A Christmas Carol di Robert Zemeckis.
Intavolando la difficile gioventù di Charles Dickens con il suo presente e l’irruzione della fantasia, lo spartito ha elementi più che sufficienti per descrivere un percorso, che alla stesura dell’opera abbina un mutamento interiore, prendendo rapporti in crisi per ribaltarli e far vivere tutti felici e contenti.
Purtroppo, l’esposizione è innocua, la maggior parte dei passaggi principali sono telefonati e alle poche volte che vengono mescolate le carte non fa seguito un raccolto florido.
Anche la fantasia è tutt’altro che spremuta, mentre Bharat Nalluri gira con il freno a mano tirato e Dan Stevens si limita a strabuzzare gli occhi e animarsi in movimenti frenetici.
Detto questo, la quantità di saccarosio prodotto - seppur ricorrendo a metodi artificiosi, con la morale che vede l’attenzione spostarsi dalla carta al sangue e un corsa contro il tempo - agevola la partecipazione del pubblico generalista, ma il paragone con il romanzo originale è sempre dietro l’angolo e i risultati sono vetusti. Se la carta scaldava il cuore in ogni sua pagina, il film emana giusto un po’ di tepore, un risultato troppo ridotto per un’operazione che si prende la briga di risvegliare lo spirito del Natale.
Banalmente ludico e smaccatamente consolatorio, nonostante il fascino del contesto: povero Dickens.
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