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Maicol

Regia di Mario Brenta vedi scheda film

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La recensione su Maicol

di Baliverna
8 stelle

Una donna sola col proprio figlio si dibatte in una vita grama. Per inseguire le sue illusioni, combina un guaio,

E' un piccolo film, girato con pochi mezzi, ma di sicuro valore. Il regista riesce a ritrarre dei credibili personaggi (mamma e figlio, ma anche fidanzato) nella Milano del 1988, che forse non così diversa da quella di oggi.

Della mamma viene fatta vedere la tremenda solitudine che l'affligge, e la precarietà dei pochi rapporti umani che pratica. Su tutti l'uomo con cui sta: un tipo poco affidabile, che racconta bugie e se la spassa con un'altra, anche se alla fine gli eventi lo inchiodano alle sue responsabilità e alla sua coscienza. Compare in scena poco e parla quasi niente, ma Brenta sa costruire un personaggio concreto e non campato per aria. Ancora sulla mamma. Notiamo come al bambino menta spesso, con quelle bugie che si vorrebbero pratiche o di cortesia, ma che scavano un fossato tra le persone: non mangiare quello perché ti fa male (quando è però troppo caro), non venire al supermercato perché poi ti stufi (quando in realtà il bambino è d'impaccio a lei), se non stai buono ti chiudo in ascensore (cosa che ovviamente non farà), stasera esco da sola (ma il bambino la corregge subito). E' interessante vedere i sentimenti che ha con il figlio: gli vuole bene e ci tiene, ma non troppo, è preoccupata ma non sta proprio in ansia, e in certi momenti le preme più l'uomo infedele di cui è innamorata del figlio disperso nella metropolitana. Del padre del bambino nulla sappiamo, ma è facile immaginare che si disinteressi di lui e della madre stessa. In complesso è una donna fragile, che ha fatto tanti errori, che si è fidata degli uomini sbagliati, e che trascina come può una vita grama e grigia, alla ricerca di una soddisfazione che non viene mai.

Il bambino, dal canto suo, è la vittima di questo mondo di adulti sbandati; le bugie, la trascuratezza e la solitudine ne intaccano l'innocenza e il carattere, e lo fanno chiudere a riccio nel mutismo e nell'apatia.

Certo, è il ritratto di un mondo senza speranza, ma tratteggiato con sensibilità e partecipazione, non con cinismo. Alcuni personaggi collaterali addolciscono un po' l'insieme, come i ferrovieri compassionevoli, qualche buon passante, e una polizia che non infierisce sui poveri protagonisti.

E' una pellicola poco parlata, dove parlano però i silenzi, gli sguardi, e gli imbarazzi dei personaggi. E quindi anche l'analisi psicologica è incisiva e veritiera.

Da riscoprire,

 

 

 

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