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Dream Boat

Regia di Tristan Ferland Milewski vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Dream Boat

di alan smithee
4 stelle

locandina

Dream Boat (2017): locandina

LOVERS FILM FESTIVAL/CINEMA OLTRECONFINE

Marek, un giovane culturista di origine polacca, immigrato a Londra, ove ha potuto dare soddisfazione alle proprie attitudini professionali e non reprimere il suo forte ego omosessuale, ma ora stenta a trovare l'amore per il rischio di essere considerato solo un oggetto sessuale; Ramzi, un altro ragazzone ben piantato e dal gran fisico, ex mingherlino palestinese, divenuto muscoloso per la necessità di essere considerato, notato e poter vivere da protagonista una esistenza altrimenti sottotono, viveva altresì soffocato da una società ove le discriminazioni sono la regola, trovando rifugio e soddisfazione in Belgio: qui un atto offensivo ai danni della comunità LGBT viene denunciato e difeso dalla polizia: nella sua terra d’origine, denunciare una tale circostanza si tradurrebbe in una azione punitiva diretta contro colui che domanda giustizia; Dipankar, un eccentrico ragazzo indiano, titolare di un lavoro professionalmente qualificato, soffre la circostanza di non riuscire a trovare un’anima gemella, non coadiuvato da una prestanza fisica che possa renderlo facilmente notabile e desiderabile, e ci racconta di come è dovuto scappare dal suo paese d'origine dopo che i suoi familiari gli stavano per organizzare un matrimonio etero combinato; una coppia francese formata da due maturi paraplegici, tra cui Philippe, vive insieme serenamente, nonostante le difficoltà anche fisiche del dover interagire con un mondo che ha negato loro la possibilità di muoversi in libertà e naturalezza, da oltre vent’anni e racconta e confessa alla mdp la propria situazione di raggiunta e maturata serenità. Infine un fotografo austriaco di nome Martin, che si innamora di un aitante giovane palestrato, nei confronti del quale è indeciso se confessargli il suo ruolo di sieropositivo subito e correre il rischio di perderlo per sempre, racconta direttamente alla mdp come i progressi dei nuovi farmaci contro la malattia gli abbiano riaperto le porte per una vita piena di soddisfazioni ed entusiasmi.

scena

Dream Boat (2017): scena

scena

Dream Boat (2017): scena

Storie di ordinaria, spesso stravagante, vita omosessuale, accomunate da una circostanza eccentrica, unica, spumeggiante: una crociera unicamente riservata al pubblico maschile LGBT, pronta a salpare da Barcellona e a sfiorare alcune delle isole mediterranee nord europee e dell’Atlantico (li vediamo salpare ad Ibizia e forse in qualche approdo alle Canarie).

Il documentario del tedesco Tristan Ferland Milewski affronta - in un contesto unico, ricercato, perennemente impegnato tra la partecipazione a feste e l’ossessione di apparire e colorarsi, pittarsi eccentricamente, travestirsi con suppellettili, piumaggi e tacchi sfidanti la vertigine, coppe genitali maliziose e bustini da far impallidire una Calamity Jane -  le tematiche più scottanti relative alle difficoltà che molti giovani omosessuali incrociano sulla strada che li porta a non rinunciare o soffocare le proprie legittime attitudini di vita.

Peccato che in realtà, tranne poche eccezioni, gli intervistati abbiano davvero poche cose interessanti o nuove da raccontarci, e quando lo fanno, non riescono mai, o quasi, a creare nello spettatore un minimo di appeal o di predisposizione all’ascolto che sappia conferire al documentario qualcosa di più di quella esteriorità un po’ vuota e fine a se stessa che, pur nel rispetto di quella che è una legittima vacanza e dunque un periodo sia pur limitato di meritato divertimento, finisce anche in parte per sminuire o disperdere gli intenti “adulti”, seri e rivendicativi che il regista ha inteso, forse un po’ maldestramente, agganciare all’evento preso in considerazione.

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Dream Boat (2017): scena

scena

Dream Boat (2017): scena

Nulla vieta di parlare e raccontare aspetti seri e talvolta drammatici di singole esistenze riscontrabili nella vita di chiunque abbia vissuto in territori e ambienti ostili al mondo e alla tradizione LGBT, specie nell’ambito di una società globale sin troppo variegata, e che stenta - in buona parte a causa di remore religiose o retaggi morali alimentati da ignoranza o pregiudizio insanabili - a trovare la lucidità di concedere, in ogni luogo e circostanza, il libero arbitrio senza imporre forzature e schemi di comportamento oppressivi e devianti; accostare tutto ciò al mondo delle paillettes e dei festini a base di musica tecno e muscoli scoperti, è legittimo e singolare, strafottente e nello stesso tempo forse anche coraggioso, ma rischia, almeno scandito nei modi e stili di questo documentario, e a mio opinabilissimo avviso, di ghettizzare ancora di più un mondo che invece sa andare ben oltre le esuberanze dell’apparire e del travestimento fine a se stesso.

In questo senso il film non riesce a dare, a mio avviso, un affondo concreto, nuovo, intelligente: forse allora era solo meglio limitarsi parlare di crociere esuberanti, e farci entrare nel mondo colorato delle feste ad alto ingrediente coreografico; o magari approfondire tematiche più specifiche e singolari, come ad esempio la gestione dell’organizzazione della nave, di un equipaggio professionale tra marittimi e maestranze (circostanza su cui il film sorvola troppo superficialmente) proteso ad accogliere ed accontentare un pubblico stravagante e spesso distante dalle proprie attitudini e abitudini di vita, sessuale e non.

scena

Dream Boat (2017): scena

Il film ammicca, in modo interessante, a qualche accenno iniziale in tal senso, riprendendo il comandante o il personale delle pulizie mentre predispone le stanze e distribuisce strumenti di prevenzione assieme alla biancheria di ricambio: ma poi tutto prende un'altra strada, riaffrontando certo tematiche più serie, ma un pò fuori luogo in un contesto festaiolo che poi viene a caratterizzare ogni sfondo ed ogni riflessione ispirata dalle pseudo interviste dei cinque personaggi di cui sopra. 

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