Regia di Hafsteinn Gunnar Sigurðsson vedi scheda film
Pizzicato dalla moglie Agnes (Jónsdóttir) mentre si trastulla guardando un video girato con una sua ex, il quarantenne Atli (Steinþór Hróar Steinþórsson) viene mandato via da casa e si trova costretto a rientrare in quella dei genitori. I quali sono ai ferri cortissimi con i propri vicini a causa di un albero che produce un'ombra eccessiva nel giardino di questi ultimi. Il taglio delle gomme dell'auto e la sparizione del gatto dell'anziana coppia - fatti solo presumibilmente imputabili ai più giovani vicini - dà luogo a un'escalation di reciproche rappresaglie che arriverà al parossismo.
Il cinema islandese fa occasionalmente incursione dalle nostre parti e stavolta lo fa con l'opera terza di un regista che non disdegna il registro grottesco né si sottrae a un finale splatter. Il suo è un film con due trame parallele sul tema dell'incomunicabilità e del pregiudizio (spariscono prove, animali e persone, vedi la vicenda del figlio dell'anziana coppia morto suicida chissà per quale motivo) che sbocca in esiti contrapposti, popolato da personaggi perennemente accigliati, contornati da suoni e rumori stranianti, a sottolineare il contrasto tra l'apparente sobrietà e pulizia delle casette a schiera della civilissima Islanda e gli umori malmostosi che serpeggiano tra gli abitanti che le abitano, pronti a darsi guerra per un'inezia. Sull'insieme, aleggia l'ombra di Kaurismäki, con quella tipica miscela di bizzarro ed effetto straniante.
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