Regia di Hafsteinn Gunnar Sigurðsson vedi scheda film
Per stessa ammissione del regista "Under the tree" non è altro che una guerra su piccola scala. Due sono i conflitti al centro della pellicola: quello insorto tra i coniugi Agnes e Atli, e quello esploso tra i genitori dello stesso Atli e i loro vicini. Nel primo caso è un filmino hard a rompere equilibri si scoprirà già precari, nel secondo un alb
Per stessa ammissione del regista "Under the tree" non è altro che una guerra su piccola scala. Due sono i conflitti al centro della pellicola: quello insorto tra i coniugi Agnes e Atli, e quello esploso tra i genitori dello stesso Atli e i loro vicini.
Nel primo caso è un filmino hard a rompere equilibri, si scoprirà già precari, nel secondo un albero reo di gettare troppa ombra sull'attiguo giardino. Due fattori scatenati diametralmente opposti ma basati sulle stesse similitudini ottuse, in quella che è un'escalation cieca di rancore e vendetta.
Mentre nel rapporto tra marito e moglie si respira un'aria disperata ma in qualche modo giustificabile ed alla fine -nonostante la misantropia di fondo- si potrà cogliere un barlume di speranza, nel conflitto tra vicini c'è spazio solo per la follia. Dalle piccole scaramucce al finale brutale (anomalo per un cinema nordico generalmente più introspettivo che eclatante), il passo è breve.
Haffstein Gunnar Sigurdsson si concentra su due drammi famigliari mettendone in luce le contraddizioni, la cattiveria gratuita, il tentativo di diluire il senso di colpa adossando fantasiose responsabilità al prossimo; e se da una parte la miccia sembra innescarsi a causa delle signore, la visione d'insieme non è da intendersi come maschilista, è infatti palese l'inadeguatezza apatica del maschio in quello che diventa uno spaccato sociale deprimente, dove tutti sono vittime e carnefici. Personaggio più riuscito è quello dell'irosa Inga, divorata dal rimorso ed astiosa nei confronti di chi sorride alla vita, quella vita a cui lei s'è negata dopo un gravissimo lutto mai elaborato.
Presentato al 74° Festival del cinema di Venezia è uno sberleffo al perbenismo di facciata, in cui l'esasperazione dei rapporti umani diventa indiscutibile e allarmante specchio dell'oggi.
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