Regia di Hafsteinn Gunnar Sigurðsson vedi scheda film
Sotto le mentite spoglie di una glaciale tragicommedia della rappresaglia che sembra sempre sul punto di scadere nel grottesco, l'apologo amaro e sconsolato di una resa agli istinti più brutali. La gatta sotto l'albero che...scotta.
Il dissidio per un albero che getta ombra sul giardino dei vicini è il pretesto per una escalation di colpi bassi che ha come vittime predestinate piante, animali ed uomini; non necessariamente in quest'ordine. Inga e Baldvin contro Eybjorg e Konrad, nel mezzo il figlio della prima coppia in rotta con la moglie per l'affido della figlia. Siamo nella civilissima Islanda, ma non ce ne siamo accorti.
La gatta sotto l'albero che...scotta
Da l'erba del vicino è sempre più verde a l'erba voglio che sta' nel giardino del re, i luoghi comuni di un pretestuoso contenzioso liminare sono i contrappunti simbolici di una commedia nera che mette in scena i diversi fronti di una contrapposizione sociale senza quartiere, spostandosi dal terreno domestico di lutti familiari e represse frustrazioni genitoriali a quello appena fuori dallo steccato di casa abitato da animali scodinzolanti e nani da giardino: una patina di civiltà che ricopre un mondo di insoddisfazioni e fallimenti personali pronte a deflagrare in concitate riunini di condominio, piuttosto che nello scontro all'arma bianca tra maschi anziani che difendono le inveterate ostilità delle rispettive consorti. L'arte della guerra, con i suoi rituali di canti corali ed esercizi al poligono quali sintomi di una primitiva ostilità che cova sotto la scorza addomesticata della modernità, è la risorsa estrema a cui si sa di dover ricorrere nel caso in cui i rimedi della civiltà giuridica e della sicurezza tecnologica falliscano nel loro tentativo di mediare nell'atavica lotta per il territorio, nello scontro tra primati appena scesi da un albero che diventa il paradigma di ancestrali e irrefrenabili avversioni che nemmeno milioni di anni di evoluzione hanno saputo veramente metter in sordina. Sotto le mentite spoglie di una glaciale tragicommedia della rappresaglia che sembra sempre sul punto di scadere nel grottesco, l'apologo amaro e sconsolato di una resa agli istinti più brutali: dal sesso come valvola di sfogo dell'uomo ingabbiato in uno stanco ménage coniugale a quello ultrapianificato di un tardivo desiderio di maternità, dal grido di dolore per un rituale funebre impossibile a celebrarsi all'invocazione di un sacrificio di sangue che reclama il suo necessario tributo di vittime innocenti. Originale e intelligente nell'utilizzo di una tecnica di ripresa che alterna piani fissi alla camera a mano (da manuale la scena di un morboso dialogo tra ex amanti in interni che si trasforma, nell'inquadratura dall'esterno, nella compassata dialettica di una consulenza legale), come pure in un tema musicale particolarmente centrato che suggerisce le sotterranee tensioni di un livore mortale che cova sotto l'apparente tranquillità della vita domestica. Il finale a sorpresa non poteva che mostrare una gatta gravida che ritorna inconsapevole e soddisfatta alla civilissima dimora dei suoi padroni umani.
Film di rassegnata crudeltà cui l'appellativo di politicamente scorretto sta' veramente stretto e che, come altre produzioni meritevoli dell'anno appena trascorso (Thelma, Glory, A Ciambra) non ha avuto accesso alla prima short list come rappresentante del proprio paese ai 90 ° Academy Awards quale Miglior film in lingua straniera; domani la cinquina definitiva.
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