Regia di Antonio Piazza, Fabio Grassadonia vedi scheda film
Non basta essere nati in Sicilia, avere mandato a memoria i lavori di De Seta e Tornatore e magari anche di Maresco, o parlare di mafia per fare un film che sia anche vagamente degno di questo nome. Già, perché il duo Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, già acclamato in ambito festivaliero per Salvo, ci propina una storia ispirata alla vicenda occorsa al tredicenne Giuseppe Di Matteo, figlio di un pentito di mafia, sequestrato, umiliato e poi ucciso per vendetta, sciolto nell'acido. Qui la storia viene adattata a un registro fantasy a supporto di un plot da teen movie sentimentale, in cui una compagna di classe (Jedlikowska) del protagonista Giuseppe (Fernandez) si invaghisce di quest'ultimo nonostante la resistenza tetragona dei genitori e l'indifferenza di professori e compagni di scuola al dramma del ragazzino. Dilatato oltremisura a due ore e dieci da immagini inutilmente descrittive (a cominciare dai primi, interminabili cinque minuti di pura astrazione), il film sembra andare alla ricerca di una cifra autoriale a tutti i costi, dimenticando la scrittura dei personaggi, trascurando completamente la recitazione (ben sotto il livello di guardia) e abusando dei cliché della fiction "di mafia" che si vedono, anche nella loro forma più elementare, fin dai tempi de La piovra televisiva. La favola nera di questi due registi siciliani gronda tracotanza, finendo col trasformare l'estetismo figurativo di Luca Bigazzi nel supporto kitsch ai loro compiacimenti autoriali e asservendo la tragedia umana al loro realismo magico d'accatto. Robaccia peraltro capace di trasformare persino un insonne cocainato in un narcolettico.
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