Regia di Gillo Pontecorvo vedi scheda film
Il valore sociologico di questo lavoro, uno dei primissimi diretti da Gillo Pontecorvo, non è poco: Cani dietro le sbarre ci racconta infatti di una Roma - e più in generale di un'Italia - ancora immersa nella ricostruzione postbellica, nella quale non è difficile veder scorrazzare cani randagi anche in zone centrali delle città e il mestiere dell'accalappiacani è fondamentale. Ma è un mestiere crudo e pieno di rischi, ci ricordano gli undici minuti e mezzo del film: molti degli animali randagi hanno malattie e quasi sempre nutrono un atteggiamento diffidente e aggressivo nei confronti degli esseri umani. Considerando che l'alternativa è la cattura, per essere rinchiusi in una cella di canile in attesa della camera a gas, non è difficile parteggiare per le bestiole. Ma nel 1955 ciò era tutt'altro che scontato, anzi: i diritti degli animali erano ancora tutti da considerare e Cani dietro le sbarre ci offre uno spaccato a suo modo anche scioccante. Efficaci le riprese, in stile giornalistico con qualche vezzo ironico di troppo il commento della voce esterna; il doppiaggio successivo alle riprese penalizza senza dubbio l'opera. Fotografia di Giuseppe De Mitri, musiche di Franco Potenza, montaggio di Bruno Mattei, futuro regista di genere, uno degli ultimi a portare avanti la tradizione del cinema nostrano a basso costo e tanta fantasia. 5/10.
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