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Hotel Gagarin

Regia di Simone Spada vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Hotel Gagarin

di mck
6 stelle

Yerevan Express, ovvero: “C’è il rischio che il film slitti?!?”

 

Simone Spada, classe 1974, aiuto(aiuto)regista di lungo corso (da metà anni '90) per metà del cinema (W.Labate, S.Vicario, G.Piccioni, V.Marra, V.Jalongo, G.Capitani, G.Nunziante, E.Leo, C.Amendola, M.Ponti, I.De Matteo, D.Bianchi, C.Caligari, M.Croci, G.Mainetti, ma non G.Salvatores...) e delle forze dell'ordine (marescialli rocca, giovanni falconi, R.I.S., squadre antimafia) italiane, già autore, dopo un paio di corti licenziati a cavallo del millennio, del suorame su commissione dell'opera d'esordio nel lungo “Maìn - la Casa della Felicità”, e con l'opera terza “Domani è un Altro Giorno” in prossima uscita, gira, con produzione di Marco Belardi e Rai Cinema, la (zavattiniana) fiaba/favola - espressione abusata, inflazionata, destituita di senso ma per l'occasione centrante e c’entrante - di “Hotel Gagarin”, da lui scritta con Lorenzo Rossi Espagnet (“Rosy Abate”, lo spin-off di una delle pol-serie di cui sopra), in trasferta armena (a Sevan, sulle collinose sponde innevate dell'omonimo lago).  

 

 

Mentre Tommaso Ragno, quasi liberandosi d'un peso, s'arrende ai finanzieri, in Caucaso l'esercito azerbaijano sparicchia a 20 km (in “realtà” almeno a 60) dall'Hotel Gagarin (shininghianamente interpretato dall'Akhtamar Hotel), in territorio artsakho (Nagorno Karabakh), e i nostri materializzatori (e non si può non pensare ad un bonario omaggio buonista e disinnescato a “l'Intervista” di Fellini durante la scenetta in cui Luca Argentero - a tratti bravissimo, a tratti no - trova Claudio Amendola mentre sta dipingendo un cielo azzurro con qualche nuvola bianca s'un fondale scenico: “Oh, a Ce’...” - “Che vvoi?” - “Vattel’a pijà ‘n der culo!” --- “A Ce’... No, stavo a pensà ‘na cosa...” - “Che cosa?” - “Perché non te la vai a pijà ‘n der culo?” --- “A Ce’...” - “Oohhh!” - “Sai chi t’ho incontrato ieri? Moccoletto. Sai che m’ha detto?” - “No!” - “M’ha detto che te la devi annà a pijà ‘n der...”) di sogni cinematografici [la teoria finale (e, ancora, non si può non pensare, anche se il regista magari non c'ha pensato, a “il Caimano” di Moretti) di mini-film mettenti in scena contro-jonasmekasianamente (scenografie di Luisa Iemma, costumi di Elena Minesso, arredamento di A.Bigini, make-up di M.Mazzocco e M.Nardi) seconde vite desiderate e re-immaginate (tra Méliès, gli améliepoulaineschi nanetti da giardino viaggiatori di Jeunet e i derivati epigoni succedanei cartonati matrimoniali clooneyani di J.Reitman), introdotta da un movimento di macchina che dallo sfondo dell'orizzonte precipita verso destra in un primo piano inaspettato (fotografia di Maurizio Calvesi, montaggio di Clelio Benevento), interpuntata dai titoli di coda e contrappuntata dall'ottima musica di Maurizio Filardo, vale (ma non da sola: necessita, per adempiere al climax che ingenera, dei precedenti 85 minuti) l'audio-visione e la meritata sufficienza] si ritrovano confinati in una non-Zona (Resnais, Buñuel, Tarkovskij: attendo il fulmine... Ok).  

 

 

Retorica e dal prevedibile risvolto fantasmatico comparsata per Philippe Leroy, che fa parte di quella per fortuna non troppo folta schiera d'attori (in ben altre occasioni sfornanti ottime se non eccezionali prestazioni) – comprendenti Franco Nero (si salva, ma solo per l'Italia, la coniuge Vanessa Redgrave), F. Murray Abraham, Geraldine Chaplin, Rutger Hauer, Greta Scacchi, Christopher Lambert, Claudia Cardinale, Enrico Lo Verso, Kabir Bedi – ch'è segnale quasi certo e sicuro d'allarme per megagalattica boiata in corso, riassumibile con: film italiano di serie C spacciato per opera d'autore (sconosciuto, improbabile, fastidioso, irritante, respingente - vedi alle voci Renzo Martinelli e Louis Nero - esordiente o venerato fuori corso figlio, nipote, amante, amico d'infanzia, vicino di casa, “una volta m'ha fatto un autografo”, stalker di xyz) riciclante i fondi, i contributi e i crediti d'imposta (no, non è metacinema) italici (assessorati regionali e ministeri) ed europei.  

 

 

Chiudono il cast: il da una decina d'anni imperterrito benedicitore di (semi)esordienti (Giovanni Albanese, Massimo Martelli, Stefano Lodovichi, Bruno Oliviero, Matteo Oleotto, Fariborz Kamkari, Antonio Padovan, Annarita Zambrano, Alessandro Aronadio, Giuseppe Loconsole) Giuseppe Battiston e le meraviglie Barbora Bobulova, Silvia D'Amico (cavallerizza amazzone lanciata in direzione "Samarcanda" circumnavigando a mezza luna da nord o da sud il Caspio al passo/trotto/galoppo) e Caterina Shulha.  

 

 

PS. “Arca Russa”, non “l'Arca Russa”, professore.

* * ¾ (***) / (6)

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