Regia di Dechen Roder vedi scheda film
Dal Bhutan una pellicola che fonde efficacemente film noir e spiritualità buddista, intrighi d'interesse e antiche leggende, in un'atmosfera magica, enigmatica e rarefatta.
Non è certamente un'opportunità frequente quella di poter vedere un film proveniente dal lontano Bhutan, un piccolo Paese himalayano la cui ridotta produzione cinematografica difficilmente giunge nelle sale occidentali . Questa opportunità ci è offerta dalla rassegna cinematografica nizzarda Cinema Sans Frontières che offre al pubblico della città della Costa d'Azzurra una raccolta di pellicole inedite dalle cinematografie meno “battute” dalla grande distribuzione.
L'interessante pellicola, mix tra film noir e spiritualità orientale (fin dal titolo, infatti le dakini sono spiriti femminili di tradizione hindu e buddista, assistenti della dea Kali) , ci trasporta in una realtà affascinante e duplice, dove monasteri che paiono sospesi fuori dal tempo, nel silenzio delle vallate himalayane, convivono con elementi di inaspettata modernità, come gli smartphone con cui i protagonisti comunicano.
Tre poliziotti si recano in un villaggio isolato adiacente ad un monastero , la cui pace è sconvolta dalla scomparsa della badessa. La principale sospettata, Choden, considerata una "strega", viene avvertita da una giovanissima amica e si dà alla fuga. Sulle sue tracce si mette l'ispettore Kinley che si finge un comune viaggiatore per "agganciarla" senza farsi scoprire, ma sarà inaspettatamente lei ad agganciare lui. Durante l'attraversamento di boschi di abeti immersi nella nebbia, il poliziotto non può far a meno di subire il fascino della misteriosa donna, enigmatica rappresentante di un sapere spirituale che affonda nella notte dei tempi, come le leggende che racconta sulla vita della mitica sacerdotessa Yeshe Tsogyal. Senza dare altri anticipazioni sulla trama, aggiungo soltanto che il viaggio di Kinley lo porterà ad intricarsi in un caso molto più complesso di quanto paresse all'inizio.
Il film possiede un fascino visivo innegabile, con una fotografia delicata che cattura un mondo dominato dalle ombre e dalle nebbie, sempre al confine tra il realismo ed il soprannaturale, immerso in atmosfera eterea da una foresta irreale immersa nel silenzio e nella nebbia ai cilindri rotanti di un tempio, e una scrittura efficace, che, con passo pacato ma mai tropo lento, rivela a poco a poco, ma forse non del tutto, i contorni dell'intrigo.
I protagonisti Jamyang Jamtsho Wangchuk, come Kinley, e Sonam Tashi Choden, come Choden, sono efficaci nei loro ruoli, il primo come poliziotto rigoroso e sicuro di se stesso poliziotto su cui l' incontro con Choden opera una trasformazione che non si sarebbe mai atteso, mentre la seconda fornisce una performance misteriosa ed evocativa che adatta l'archetipo della femme fatale a quello della tradizionale e magica dakini.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta