Regia di Carlo Vanzina vedi scheda film
I fratelli Vanzina infilano un filmetto passabile, che ha fatto epoca, ravvivato da giovani talenti in erba, praticamente scoperti da loro e destinati a lunga carriera.
Ho voluto rivedere questo mito degli anni '80 e della mia generazione, nonostante non sia un cliente della ditta Vanzina. E mi ha fatto la stessa impressione di film non così male, che mi fece la prima volta nonostante le mie magre attese. Alcune battute sono entrate nella fraseologia italiana, come la celeberrima “se perdo la pazienza, me scatta la viulenza....”
Ovvio che la parte del leone la fa Abatantuono, perché veste i panni di ben tre personaggi, due dei quali quelli sono meridionale di periferia trapiantato a Milano, che lo rese celebre. Gli altri sono “astri nascenti” della commediaccia dei quegli anni, e della soregente televisione privata, cioè Teo Teocoli e Massimo Boldi. Non si può negare che avessero del talento, ma si sono prestati molto spesso a farse di bassissima lega. La Sandrelli, ancora molto vestita, mi è sembrata persino brava. E poi, è divertente scrutare tutti quelli che compaiono in scena, perché vi si scorgono attori e attoruncoli, comparse e macchiette, caratteristi e personaggi pubblici del cinema e dell'Italia di quegli anni.
Ebbene, il film, tutto sommato, regge. Forse, una carta vincente è stata quella di raccontare più storie parallele, dal momento che sarebbe stato più difficile rendere solida una sola di queste. Oltre a ciò, il continuo passaggio di personaggi e locazioni tra cui persino Parigi (Bucarest non la pretendevo) tiene desta l'attenzione e rende più piacevole il tutto. Ci sono svariate banalità e sbandamenti, personaggi sbagliati (il santone italo-indiano) qualche volgarità sotto il primo rigo (il culo di Boldi fuori dal finestrino), ma in generale siamo al di sopra del livello del porcile, e di molti dei film futuri. C'è anche spazio per qualche battuta discreta, e qualche sproloquio del Diego terrone non male, quasi surreale: penso soprattutto alla “rievocazione” della rivoluzione francese parlando con il commissario parigino. E quei tre buontemponi, perdigiorno e perditempo, burloni e scavezzacollo, tuttavia con problemi veri a casa, ma non cattivi, finiscono per essere quasi simpatici.
In conclusione, probabilmente è il miglior film della ditta Vanzina.
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