Regia di Antonio Morabito vedi scheda film
Guido è un uomo non più giovane in gravi difficoltà economiche. Dopo che la società per la quale lavorava come informatico è fallita, non è riuscito a rilanciarsi, ne' nel suo, ne' in altri settori. E' indietro con l'affitto, non ha alcuno vicino a sè, se non un amico, un anziano ed un po' strambo professore di origine straniera, che l'aiuta consegnandogli piccole somme di denaro per le bollette ed altre necessità quotidiane. Subisce il costante "assalto" di agenti di recupero crediti che non esitano ad usare le maniere forti. Guido, per liberarsi di loro, ha un'idea. Chiede ed ottiene di essere assunto dalla stessa società come esattore. E' dunque accoppiato a Franco, un agente esperto, affinchè gli insegni il mestiere. Franco ha tanta esperienza da riuscire a tenere ben distinti lavoro e vita privata; non è cosa da poco. La sua attività inizia con una selezione delle pratiche (procedimento che avviene in collaborazione con le banche), prosegue con lo studio, sotto ogni profilo, dei "clienti" e si conclude con una continua aggressione, morale e fisica, fino ad ottenere il saldo delle somme dovute. Qualora non fosse possibile ottenere benefici economici - perchè il debitore non ha risorse materiali - egli s'appropria della sua dignità, umiliandolo con estrema durezza affinchè la controparte faccia ben attenzione a non tornare in una situazione simile. siano i debitori furbacchioni o poveracci, a Franco non interessa. Egli procede senza lasciarsi coinvolgere; a fine giornata lavorativa torna nella sua bella casa dalla moglie e dai figli. Guido non ha la stessa freddezza; dopo un inizio non dei migliori, grazie agli insegnamenti di Franco, "ingrana". Il potere che acquisisce sulla vittima del momento, unitamente ad una improvvisa disponibilità economica gli dà alla testa. Ciò gli aliena la simpatia di Rina, un'umile e dignitosa barista straniera, in Italia per sostituire sul posto di lavoro un parente indisposto, con la quale aveva un buon feeling. Da quel momento, Guido assume un atteggiamento ondivago, mostrando a volte empatia per i debitori, a volte freddezza. Contemporaneamente, nasce un rapporto di amicizia tra lui e Franco, destinato ad una brusca interruzione nel momento in cui il loro "cliente" è proprio il professore amico di Guido, percettore di un prestito contratto per pagare cure alla moglie malata, poi deceduta. Il professore non ha restituito nulla di quanto ricevuto; del resto, sappiamo che percepisce una pensione da fame, e nonostante ciò, non fa mancare aiuto al suo amico Guido, il quale intercede con prepotenza verso Franco, per ottenere l'annullamento del debito. L'epilogo vede Guido nelle stesse condizioni in cui versava all'inizio. L'amicizia con il collega finisce; presumibilmente perde l'impiego; Rina, che aveva protratto la permanenza in Italia forse per favorire la nascita di un rapporto con lui, torna all'estero. Il suo "sacrificio" è ben riposto ? Probabilmente no; alcuni fotogrammi prossimi all'epilogo inquadrano il professore, soddisfatto e pasciuto, giocare a biliardo - nello specifico, eseguire un colpo che "spariglia le carte" - e ciò lascia dubitare della sua buona fede. Franco è interpretato da un enigmatico Marco Giallini, emotivamente coinvolto mai nei confronti dei debitori, molto di più verso Guido, sul quale investe in amicizia e formazione. Guido - Claudio Santamaria - si pone all'opposto. Per quanto s'impegni, o l'ostenti, non riesce a conservare un atteggiamento distaccato. Inebriato di un potere che evidentemente non ha mai avuto in passato, è assolutamente incapace di gestirlo. Ciò lo fa uscire perdente dal racconto. Infine, i debitori; il regista ne dà un'immagine oggettiva. Di fianco a casi di reale disperazione comprendenti fallimenti di vita, si trovano situazioni equivoche. Faccendieri in malafede, personaggi che finanziano agi e sperperi con soldi altrui. Come sembra dimostrare l'ultima sequenza dedicata al professore, c'è tutto ed il contrario di tutto, in quello spaccato di società. Vittime che diventano carnefici, e viceversa. Fa da background all'intera vicenda un'Italia di ambizioni frustrate, insuccessi, precarietà. Emblematica la frase della straniera Rina (l'attrice di origini albanesi Flonja Kodheli), la quale riferisce di non trovarsi bene nella nostra nazione a causa del velo di tristezza che ammanta gli abitanti. Il regista Antonio Morabito racconta di un contesto nebuloso, figlio delle difficoltà del nostro tempo; la precarietà, la spinta a fare il "passo più lungo della gamba" generata dai tanti stimoli della società odierna, l'insoddisfazione, l'inquietitudine. Non giudica, ma pone lo spettatore nelle condizioni di farlo, anche grazie ad un buon uso dei simboli. A mio parere, un'opera degna di visione.
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