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Le nostre anime di notte

Regia di Ritesh Batra vedi scheda film

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La recensione su Le nostre anime di notte

di supadany
6 stelle

Venezia 74 – Fuori concorso.

Our souls at night vede Robert Redford e Jane Fonda, due icone assolute della New Hollywood, condividere nuovamente la scena trentotto anni dopo Il cavaliere elettrico e, andando ancora più a ritroso, A piedi nudi nel parco e La caccia.

Laddove negli anni migliori della loro vita brillavano, oltre che per un talento indiscutibile, per la loro bellezza, ritrovarli ottantenni - lui è del 1936, lei del 1937 - riavvolge automaticamente il nastro del tempo e permette di avere un punto di vista privilegiato (e di privilegiati) per parlare della terza età.

Rimasti entrambi vedovi da anni, e con i figli presi dalle loro faccende personali, Addie Moore (Jane Fonda) e Louis Waters (Robert Redford) sono due vicini di casa che non hanno mai coltivato alcun tipo di rapporto oltre la semplice cortesia.

Quando Addie rompe gli indugi con una richiesta quanto meno insolita, cominciano a frequentarsi, trovando un sollievo reciproco che però, per proseguire, deve fronteggiare diverse insidie.

 

Jane Fonda, Robert Redford

Le nostre anime di notte (2017): Jane Fonda, Robert Redford

 

Per compiere qualsiasi conquista, rompere il ghiaccio è sempre uno dei momenti più complicati. L’importante è non farsi frenare, perché da un semplice incontro possono nascere delle nuove pagine di vita personale che valgono sempre la pena di essere scritte. Questa regola vale due volte per le persone anziane e sole che non hanno niente da perdere.

Nel film diretto da Ritesh Batra (Lunchbox), appare subito chiaro come Jane Fonda sia perfetta per interpretare una donna propositiva, mentre Robert Redford tiene a bada gli istinti predatori mostrando quelle titubanze proprie di chi non ha capito bene in quale situazione si trovi.

Inutile apporre troppi giri di parole, il film è cucito su di loro, anzi è letteralmente di loro proprietà intellettuale, e meno materiale, narrativo e umano che sia, hanno intorno meglio funziona l’ingranaggio, tanto che a posteriori la soluzione migliore sarebbe stata utilizzare come prototipo Prima dell’alba di Richard Linklater e lasciarli parlare, discutere e guardarsi per novanta minuti, tra un tavolo da pranzo e una camera da letto sfidando la ripetitività più di quanto non si sia comunque fatto.

Questa considerazione scaturisce anche da dati di fatto che vanno oltre l’indiscussa intesa tra i due protagonisti. Infatti, le aggiunte di un ragazzino bisognoso di attenzioni e di un cane con una zampa malmessa, rientrano nella lista di ingredienti zuccherosi graditi dal pubblico.

Insomma, asciugare e concentrare sarebbe stato produttivo, comunque sia Our souls at night riesce a non cadere nel buco nero di scelte astruse, quali matrimoni improvvisati o malattie incurabili, trasmettendo una passione accettabile, ossia presente ma non sfrenata, e ricordando l’importanza basilare di poter parlare quotidianamente con qualcuno, risultando più agile e caldo sulle note leggere senza scordarsi completamente della data di scadenza imposta dal ciclo vitale.

Una parentesi tenera, spiritosa e leggera, praticamente in punta di piedi, con stenti e aggravi conformi a un progetto che non fa dell’oculatezza un vanto.

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