Regia di Bonni Cohen vedi scheda film
Un bel ritorno, quello di Al Gore 11 anni dopo il primo dirompente documentario. Questo, ugualmente breve e rapido, è meno dirompente, ma ha due funzioni particolari, e notevoli. 1) Mostrare come le sue profezie si siano avverate: il documentario mostra i disastri di alluvioni … dovute all’innalzamento delle temperature, in modi repentini e mai registrati da secoli. 2) L’aspetto più importante: l’invito alla necessità dell’attivismo politico in nome dei diritti umani. Questa eterna verità riecheggia in modo coerente in lui, che poi ha creato una scuola di attivismo (e che prima aveva abbandonato il marciume della vita politica svolta in prima persona con una certa autoillusione), cosciente che solo la movimentazione politica, volta all’accertamento e alla consapevolezza della verità empiricamente dimostrata e dimostrabile, può cambiare le cose che contano: altrimenti continueranno ad aumentare il proprio comando coloro che guadagnano dal fare il male di tutti. «L’emergenza ambientale dipende dall’emergenza democratica… sono i grandi finanziatori che lottano contro il risanamento ambientale… Non decidono le persone ma i finanzieri».
Anche perché «le conseguenze peggiori del riscaldamento ricadono sui più poveri». Questa distruzione dell’ambiente, e dunque dell’umanità, non ricade su tutti alla stessa maniera allo stesso modo: i ricchi hanno più mezzi per ripararsene, anche se non lo potranno fare forse i propri figli, e men che meno i propri nipoti. E sin qui non sembrerebbe esserci nulla di così grave: se non che quei pochi ricchi molto spesso sono gli unici che hanno davvero i mezzi, e li usano, per attentare alla vita di tutti. Così facendo, guadagnano di più, mentre guadagnerebbero di meno a rispettare l’ambiente e i diritti.
Quest’inno è realisticamente allarmato sui limiti che quest’attivismo può avere: non basta la buona volontà, ma ci vuole competenza, tanto studio e fatica. Ma avverte in modo ugualmente realistico che esso è l’unica via di salvezza realmente percorribile. E questa riflessione, sulle cause del male e sui modi della sua soluzione, completa ciò che mancava nel primo capitolo del documentario. Splendido il finale in tale senso.
Anche perché, se c’è chi si arricchisce rovinando il mondo, è solo perché costui è anche colui che detiene tutti i mezzi di informazione. E quindi è il solo che ha i mezzi per far credere buono ciò che realmente è cattivo. Fra l’altro (questo il film non lo dice, ma è vero), da ormai vari decenni anche l’informazione pubblica, da sempre in mano alla politica (coi pro e i contro di come ciò è stato utilizzato), è sovente in mano a ricchissimi capitalisti, che hanno preso in mano il potere pubblico. Basti pensare, purtroppo, al caso da manuale italiano accaduto in certi recenti anni, con un imprenditorie della pubblicità e dei media pregiudicato come capo del governo per 9 anni circa.
Gore cita il caso di Trump e dei repubblicani, che è il più importante al mondo, trattandosi ahinoi degli Usa: ma non è solo lì che media e pubblicità cospirano con grande intelligenza, cultura e impegno a diffondere la falsità, e a minare ulteriormente i pari diritti di tutti e la verità.
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