Regia di Paco Arango vedi scheda film
È chiaro già dalle prime inquadrature che, quello che guarderemo, non sarà un film di spessore. Ad indicarcelo sono diversi elementi. La prima inquadratura, laddove compare il titolo, è composta da una campo ampio che si trasforma in una ripresa dall’alto e che, vista l’ambientazione, mi ha fatto pensare inevitabilmente a Dawson’s Creek prima e ai film di Rosamunde Pilcher, che spesso riempiono i palinsesti pomeridiani delle reti nazionali, poi.
Quando non ci si può avvalere del supporto della fotografia, che qui risulta piatta e impostata, ridotta al minimo sindacale, o della colonna sonora, che si limita ad intermezzi musicali privi di mordente, la sceneggiatura, seppur pregna di emozioni e sentimenti, non riesce a prevalere senza il necessario supporto; se consideriamo poi che si avvale di dialoghi impostati su pensieri volutamente mielosi che enfatizzano troppo l’aspetto emozionale della pellicola, perdendo spesso di vista il fulcro del discorso, orientato sull’alimentazione della speranza che, unita alla determinazione, sono i ganci necessari per affrontare le situazione più ostiche.
La pecca è proprio il continuo oscillare tra la commedia e la drammaticità di una situazione che ci viene presentata senza preavviso, dopo una serie di scenette simpatiche che prevalgono per la prima metà della pellicola, e travolge lo spettatore ignaro delle sensazioni che da li a poco potrà provare, creando un dislivello emozionale tra ciò che si guarda e ciò che si finisce per sentire, con la sensazione di essere sempre troppo, o troppo poco coinvolti, da quello che ci viene raccontato.
Avvalendosi di un protagonista, Alec, donnaiolo e ultimo discendente di una famiglia di guaritori, lo affianca ad una ragazza troppo carina e realizzata per essere realmente interessata a lui. Tra magia e luoghi comuni, la pellicola d’esordio di Paco Arango è scontata e pur instillando il dubbio di un finale alternativo, si perde nella banalità di un finale positivo che non era invece obbligatorio dato che la speranza già aleggia per tutta la durata e prescinde dalla conclusione della storia.
Nota di merito al progetto che accompagna la pellicola nelle sale, che ci viene spiegato dalla voce dello stesso regista a fine film, ispirato all’operato di Paul Newman che ha dedicato parte della sua vita ad aiutare i bambini affetti da gravi patologie, il ricavato del film andrà interamente all’Associazione Dynamo Camp. Ecco perché in molti vedono nella pellicola di Paco Arango, un forte messaggio di speranza che merita quanto meno di essere diffuso.
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