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120 battiti al minuto

Regia di Robin Campillo vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su 120 battiti al minuto

di bombarolo93
7 stelle

I battiti del cuore scandiscono la vita e la morte ma ognuno di essi è soprattutto un'occasione che i personaggi di questo film motivano continuamente.

La colonna sonora ritmata, come i battiti del cuore, scandisce le vicende di questo gruppo di attivisti di Act Up-Paris durante gli anni ’90, impegnati a richiamare l’attenzione sull’AIDS contro una società che pensava ad un rischio di contagio solo per determinate categorie discriminate.

 

 

Il gruppo ci viene presentato in tutte le sue forme, anche autocritiche, come nel caso del ruolo della “violenza” durante le manifestazioni. Non vi è alcuna retorica, anche difronte la malattia e la discriminazione, Sean, il protagonista, malato di AIDS dice con tranquillità che “non è cambiato niente, è sempre penoso svegliarsi al mattino”. Il film, nella prima parte, scorre veloce sorretto da un ritmo sostenuto che segue le vicende delle manifestazioni e dei dibattiti ma anche della voglia di vita dei personaggi.

 

Importante il tema della responsabilità, sempre Sean: “la responsabilità non va a percentuale, se contagi qualcuno o ti fai contagiare sei responsabile al cento per cento”, frase detta durante una scena di sesso che ricorda il più famoso “La vita di Adele” e che proprio qui se ne distacca per una coscienza civile lì poco raccontata.

 

La seconda parte del film rallenta il ritmo man mano che la malattia di Sean degenera e i risultati delle ricerche, condotte dalla casa farmaceutica, scarseggiano. Continua però la ricerca della vita, che erompe nella scena della masturbazione in ospedale, simbolo di una voglia di vivere che va oltre il dolore e la malattia e che fa parte dell’essere umano nonostante i tabù.

 

Verso il finale gli elementi cristologici si concentrano sulla figura di Sean, martire e nuovo santo le cui ceneri saranno sparse sui banchetti della “grande abbuffata” di chi specula sulla malattia, in un finale che è una gioia per gli occhi e un monito costante.

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