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Survival Family

Regia di Shinobu Yaguchi vedi scheda film

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La recensione su Survival Family

di supadany
8 stelle

Far East Film Festival 19 – Udine.

Mentre la fiducia sociale è in picchiata e il cinema sembra portato a descrivere scenari sempre più scoraggianti, Survival family indica una via singolare, una sorta di decrescita (in)felice, per quanto forzata, un ritorno al passato che premia la conoscenza, cambiando drasticamente i rapporti di forza.

La famiglia Suzuki è uguale a tante altre: le giornate prevedono sempre la solita routine, la tecnologia è al centro dell’attenzione e il dialogo tra i suoi componenti non va oltre le schermaglie di rito.

Tutto sembra cambiare per sempre quando un enorme black out priva Tokyo dell’elettricità. Mentre l’isteria sembra prendere il sopravvento in ogni luogo, il nucleo familiare parte per una meta lontana, sperando di trovare una situazione differente. Il viaggio, rigorosamente in bicicletta, prevederà una serie di incontri, alcuni pericolosi, altri istruttivi.

 

scena

Survival Family (2017): scena

 

La storia dell’uomo è piena di crocevia. Cosa potrebbe accadere se all’improvviso le nostre abitudini - fortemente legate a tutto ciò che è tecnologico - fossero impossibili da perpetrare?

Così, in Survival family un black out diventa elemento propedeutico per guardare oltre, dettare nuove priorità, certo non con tempi di reazione istantanei, d’altronde in questo caso non si parla di fantascienza e la desertificazione umana non ha nulla a che vedere con gli zombie.

Da questo risveglio improvviso, Shinobu Yaguchi porta avanti (almeno) due strade principali, con un buon equilibrio formale. Da un lato, i piccoli, o anche grandi, incidenti quotidiani sono occasioni propizie per inscenare momenti di spiccata ilarità, dall’altro, una serie di insegnamenti, in formato di parabole istintive, dettano una linea, tracciando un percorso di conoscenza - interiore, familiare e semplicemente sociale - e di accettazione.

Lo spirito attraverso il quale viene descritto questo insolito road (and survival) movie in un Giappone in trasformazione non preventivabile, è acuto e deduttivo, sempre pronto a rilanciare la sua proposta.

Nell’inevitabile cambio degli equilibri, l’oro o una macchina sportiva valgono meno di una bottiglietta d’acqua, torna il baratto, ma anche il rapporto con la natura cambia completamente e chi riesce ad aguzzare l’ingegno riesce a trovare le migliori soluzioni che gli altri non riescono nemmeno a intuire, senza tralasciare la rivincita dei più deboli (ad esempio, una donna cieca riesce a guidare un gruppo di uomini in una galleria senza alcuna fonte luminosa).

Ovviamente, non può mancare il pericolo, ma quest’ultimo rimane in seconda linea, sorpassato anche da leggeri strappi poetici, come la riscoperta di ciò che è bello, delle stelle che tornano a illuminare il cielo libere dall’inquinamento luminoso, mentre qualcuno enuncia la sua totale incredulità - un po’ ignorante ma si parla pur sempre di personaggi empatici e portati all’errore - quando scopre che la Via Lattea esiste veramente.

Shinobu Yaguchi vince così la sua sfida a tutto campo, intrattiene grazie a uno spirito vivace e disposto alla condivisione, con fibrillazioni comiche ben ideate su tanti piccoli spunti e valorizzate da una pronunciata espressività che rende viva ogni forma di stupore, senza per questo deprezzare il desiderio di indicare un futuro diverso, che possa rallentare il percorso del tempo abbracciando le usanze del passato, compromettendosi, comunque solo parzialmente, quando rimane incastrato in una sequenza di sottofinali che tagliano improvvisamente il ritmo, pur approdando a un ricongiungimento esemplare.

Intelligente, costruito un mattone alla volta e pienamente cosciente di quali mezzi utilizzare per arrivare a trasmettere un messaggio dannatamente attuale, che riguarda praticamente chiunque possa scegliere di guardare un film.  

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