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L'affido

Regia di Xavier Legrand vedi scheda film

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La recensione su L'affido

di supadany
7 stelle

Venezia 74 – Concorso ufficiale.

La disgregazione di un nucleo familiare crea scompensi difficili da contenere. Spesso cade a valle di anni di sofferenze che hanno segnato irreparabilmente la mente e il cuore dei malcapitati protagonisti, rendendo quasi impossibile trovare un nuovo equilibrio in grado di tutelare la prole. In ogni caso, il passato andrebbe parzialmente rimosso e sarebbe consigliabile guardare avanti per non trasformare il presente in una sorta di incubo dell’orrore.

Quando i coniugi Antoine e Miriam Besson divorziano, Miriam (Léa Drucker) vorrebbe ottenere la custodia esclusiva dei figli Josèphine (Mathilde Auneveux) e Lucien (Thomas Gioria), ma il giudice opta per un affidamento congiunto.

In questo modo, andando regolarmente a prelevare il piccolo Lucien, Antoine (Denis Ménochet) riesce a conservare un contatto, seppur labile, con l’ex moglie e la gelosia non fa altro che peggiorare il suo equilibrio psicologico, già seriamente compromesso.

 

Denis Menochet, Léa Drucker

Custody (2017): Denis Menochet, Léa Drucker

 

Approssimativamente parlando, Custody potrebbe rappresentare la prosecuzione ideale di Dopo l’amore di Joachim Lafosse, mostrando il dopo, ovvero cosa avviene una volta che la separazione è andata in porto.

Proprio dall’incontro delle due parti in causa con il giudice, utilizzata per enucleare lo stato delle cose, comincia il tragitto imbastito da Xavier Legrande che, senza fornire verità assolute sul passato recente della coppia, induce un’ambiguità su chi sia il reale cattivo, destinata a evaporare gradualmente, sempre considerando che in questi casi, quasi mai la responsabilità del fallimento può essere additata esclusivamente a uno solo dei soggetti.

Dunque, la tabella di marcia mette subito il dito nella piaga, per allargare la ferita fino alle sue estreme conseguenze, almeno nell’indice delle possibilità. I figli sono soggetti a un tiro alla fune ma la finalità primaria pare essere un’altra, più legata al rapporto matrimoniale andato in fumo e a una gelosia di lui, istigata da una lontananza forzata. Automaticamente, ogni forma di diplomazia è sacrificata sull’altare di screzi e ripicche, arginare la discordia diviene un compito cui la legge non può adempiere fino in fondo.

Questa descrizione si avvale di uno svolgimento composto e allo stesso tempo propedeutico al richiamo dell’attenzione, generando nell’atto terminale una tensione ai limiti dell’insostenibile, che non può contemplare soluzioni positive di tipo definitivo.

Chiudendo due porte - anche in maniera letterale - Custody conquista un approdo coerente e significativo, senza aggiungere un minuto di troppo grazie a un esemplare dono della sintesi, agganciandosi a un tema d’attualità sempre più sentito, innervato da un rancore incontenibile contrapposto al desiderio - tanto banale quanto agognato - di poter ritrovare la serenità perduta, aspetti riscontrabili nel montaggio alternato di una festa di compleanno, dove l’umore è alto per tutti, e un chiarimento dai toni aspri. 

Filante e composito, con un atto finale semplicemente splendido.

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