Regia di Xavier Legrand vedi scheda film
VENEZIA 74 - CONCORSO - PREMIO LUIGI DE LAURENTIS ALL'OPERA PRIMA - LEONE D'ARGENTO PER LA MIGLIOR REGIA
E' cosa tristemente nota che in mezzo ai dissidi matrimoniali, specie quelli insanabili e complicati da scontri accesi tra le parti in causa, chi ne paga le conseguenze più devastanti risultano essere i figli, ovvero la parte debole ed incolpevole, che, per l'occasione, diviene il perno centrale della contesa affettiva e patrimoniale tra i due contendenti.
Il caso dei Besson è drammaticamente da manuale: una moglie che si descrive vessata, percossa e minacciata da un marito violento, e che per questo chiede l'affido esclusivo dei due figli, soprattutto del minore. I due ragazzi che suffragano la richiesta della madre. Ma un'abile avvocatessa del marito riesce ad instillare nel giudice (ed in noi spettatori) il dubbio che questa presa di posizione unanime possa anche trattarsi del risultato di una macchinazione e che i figli risultino pertanto manipolati dalla mamma a suffragio delle sue accuse.
Scopriremo che non è così affatto.
Poco a poco "Jusqu'à la guard" si trasforma da prodotto solido e lucido di denuncia sociale, ad un vero e proprio thriller dai contorni realistici e proprio per questo ancora piu' inquietanti.
Non so se fosse stato meglio proseguire sulla prima strada, senza arrivare agli eccessi di una conclusione drammatica e concitata, per nulla sproporzionata od inverosimile a circostanze ugualmente drammatiche che si leggono spesso sugli spazi della cronaca nera; ma anche la seconda destabilizzante parte risulta funzionare piuttosto bene: nel buio, a letto e terrorizzati, madre e figlio si augurano che l'insistenza del padre che suona al citofono si traduca in una sua fuga: tutt'altro e il terrore appare nel buio sui quattro occhi lucidi di terrore delle due impotenti vittime.
Tra gli interpreti Dennis Ménochet è molto bravo ed inquieta per davvero, ma il piccolo biondo ragazzino (Thomas Gioria) che interpreta il figlio minore è straordinario nella sua espressività, nella capacità di ritrarre in volto l'orrore di un incubo a occhi aperti, e il suo viso angosciato ed in lacrime da tempo non comunicava una angoscia così palpabile e l'impotenza di chi si trova costretto in una trappola ordita da chi dovrebbe volergli più bene di chiunque altro.
Per Xavier Lagrand si tratta di un buon esordio, che fa promettere un futuro molto interessante per il giovane cineasta, coerentemente introdotto in Concorso già al primo lungometraggio.
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