Regia di Michel Franco vedi scheda film
Le smagliature dei rapporti familiari ed i giochi di potere all'interno di ristretti gruppi di persone si allargano in una progressione drammatica che lascia intravedere il vuoto di valori di una borghesia messicana avviata sulla china di una imminente disgregazione.
L'arrivo inaspettato della inaffidabile madre April, rende la gravidanza della giovane ed inesperta Valeria ancora più complicata. La diffidenza della ragazza tuttavia è tutt'altro che ingiustificata.
La chica scomparsa di Puerto Vallarta
Il quinto lungometraggio del 40 enne regista messicano si inserisce nella breve e significativa scia dei suoi precedenti drammi domestici, dove le smagliature dei rapporti familiari ed i giochi di potere all'interno di ristretti gruppi di persone si allargano in una progressione drammatica che lascia intravedere il vuoto di valori di una borghesia messicana pericolosamente in bilico sullo scivoloso crinale di una imminente disgregazione, anticipando quasi per esemplari quadri minimalisti l'apocalittica deflagrazione golpista del successivo Nuevo Orden. Dietro l'apparente neutralità di uno stile che cerca di mantenere sempre un glaciale distacco dallo squallore umano rappresentato dai suoi problematici personaggi, si agita lo spettro di un disincanto culturale che è una cifra fondamentale della modernità globalizzata (i latenti impulsi incestuosi in Daniel y Ana, il bullismo social di Después de Lucía, le sirene di una egoistica seconda giovinezza per la madre snaturata di quest'ultimo film), laddove i rapporti umani sembrano governati da sottaciute leggi di affermazione individuale e prevaricazione dell'altro ed entro la quale la fragilità della diffusa ipocrisia di rapporti convenzionali non supera la prova del fuoco di situazioni critiche che ne mettono presto a nudo l'inadeguatezza come collante sociale. Questo schema concettuale di sollecitazione di un sistema oltre il punto di rottura, trova anche in quest'ultimo film una sua puntuale applicazione, evitando tuttavia sia la ricaduta in una postura stilistica che potrebbe rasentare la maniera (anche a motivo della originalità di un soggetto che l'autore afferma desunto, come gli altri, dalla cronaca) sia quella imprecisione nella implicita richiesta etica che il film non sarebbe in grado di avanzare, come sottolineato da alcuni commentatori: in fondo il finale sospeso lascia intravedere la speranza di una rifondazione morale basata su di un sentimento solidaristico (la maternità, come concetto chiave del film) che a differenza di quello che anima i precedenti (il sentimento di protezione paterno e quello di fratellanza) non soccombe tragicamente di fronte al risentimento ed ai proposititi di vendetta. Resta comunque la sensazione, come sempre in Franco, di uno spaccato sconsolante dove lo strisciante materialismo ed i richiami edonistici dipingono un quadro sociale di infingimenti e manipolazioni in cui non ci si fa scrupolo ad abbandonare una chica piangente (mero strumento di ricatto e di riscatto) sul seggiolone di plastica di uno squallido e desolato ristorante di periferia. Affettuose concessioni alla realtà nel nome del giovane personaggio principale (Valeria come il nome della Becerril) e nel riferimento all'origine iberica della degenarata genitrice (Emma Suárez, la Julieta dell'omonimo film di Almodovar). Prix du Jury nella sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes 2017.
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