Regia di Sebastián Lelio vedi scheda film
Marina è una donna “vera”, nel senso sociale e mentale, ma è una donna contro tutti e contro tutto e non per colpa sua, che di certo non cercherebbe lo scontro con il resto del mondo. Tutt’al più è il mondo che va contro di lei. È una donna contro vento.
Che il cinema cileno stia crescendo da diversi anni è sotto gli occhi di tutti. Da Pablo Larraín (qui nelle vesti di produttore, come una garanzia di qualità) a Sebastián Lelio il passo è breve, senza ovviamente nulla togliere al primo per la qualità dei vari film che lo hanno fatto conoscere in tutto il mondo. Ma il secondo, che abbiamo ben valutato con il bel precedente Gloria, fa un salto in avanti con questo notevolissimo film, molto più bello dell’altro. Un film coraggioso e sorprendente, prima di tutto perché è una storia molto originale che nel cinema si vede poco come argomento, poi perché l’argomento stesso non è facile. Non ultimo motivo, perché Lelio lo tratta con estrema cautela e saggezza, diciamo pure con molta delicatezza basandosi su una sceneggiatura coi fiocchi (mica per niente premiata a Berlino quest’anno) che distribuisce dialoghi di grande intelligenza, ben recitati con pause perfette, durante le quali l’attrice protagonista spara sguardi densi di significati e di parole non dette, che preferisce tener dentro di sé ritenendole sprecate per l’interlocutore di turno.
La sceneggiatura, quindi, eccellente ed efficace, in cui domina la figura di questa “bomba” di attrice che non potrà passare inosservata: Daniela Vega è una transessuale di talento enorme, che non solo - secondo me - vedremo ancora in film sempre più importanti, ma che se verrà candidata a premi eclatanti non mi meraviglierò per nulla! Recita benissimo, canta ancora meglio (sin da ragazzino/a dimostrò una eccellente predisposizione per il canto lirico): come non notarla?
Marina è una donna “vera”, nel senso sociale e mentale, ma è una donna contro tutti e contro tutto e non per colpa sua, che di certo non cercherebbe lo scontro con il resto del mondo. Tutt’al più è il mondo che va contro di lei. È una donna contro vento, si potrebbe affermare, e in una sequenza, in uno dei momenti più difficili della sua vita, Sebastián Lelio ce la mostra combattere contro le intemperie piegata in avanti per resistere nonostante tutto e andare caparbiamente avanti per la sua strada. Lei è solamente alla ricerca di una vita tranquilla, di quella quiete che significherebbe la pace con gli altri e con il mondo circostante: verso se stessa no, lei è in pace con se stessa. Si accetta e si sente bene, finalmente realizzata, anche se per adesso fare la cameriera non è il massimo. Ma c’è chi le vuol bene per quello che è, e ciò non è poco.
A dimostrazione dell’incultura del mondo che circonda Marina, non a caso nell’unica scena di violenza fisica del film, la famiglia rivale la offende e la appella con vocaboli sbagliati dimostrando ignoranza, arretratezza e barbarie culturale. L’utilizzo del termine “frocio” nella sequela di insulti che le rivolgono è talmente provocatorio da parte del regista che risulta evidente come egli voglia mostrarci l’odio e gli equivoci che circondano le persone considerate (purtroppo) “malate”. A questo proposito permettetemi una licenza politica: sono felice che tramite il film di Sebastián Lelio si possa ancora discutere del fatidico problema gender, senza paraocchi e pregiudizi inutili. Se andate alla ricerca di notizie sulla vita della bravissima Daniela Vega scoprirete come poverina ha sofferto sin dalle scuole la sua condizione. E non per colpa sua.
Due film di Sebastián Lelio uno dietro l’altro sulla figura di due donne di carattere: Gloria e Marina. L’una alla ricerca della felicità e del benessere mentale perduto e quasi dimenticato, che in una sorta di “botta di vita” si concede una licenza dal solito tran tran. L’altra, Marina, è ben piantata sui suoi piedi e radicata nella sua vita e pretende la stabilità del futuro che però il malore del suo amato per adesso le viene negata. E deve combattere ancora, per ricominciare. La scelta, per ricominciare a vivere, sarà al fine la sua antica passione: il canto.
Non è verboso questo film, anzi i dialoghi sono secchi e spesso provocatori: a Marina servono poche frasi, lei accetta e sopporta in silenzio le continue ingiurie che riceve e il suo sguardo forte e penetrante dimostra ampiamente come ci sia purtroppo abituata e sceglie chiaramente la strada di sopportare (ben sapendo che quello è il suo amaro destino) ciò che ascolta. Lei risponde semplicemente puntando dritto gli occhi su chi la offende, senza timore, sfidando l’interlocutore sul piano dell’intelligenza e della tolleranza a cui evidentemente manca. È circondata da un ambiente malsano, prevenuto e soprattutto intollerante, fatta eccezione per il suo Orlando che la amava e che la accettava per quello che è - com’è giusto e umano che sia - e per il fratello di quest’ultimo che a sorpresa la tratta con comprensione, anche se in maniera limitata trovandosi nella posizione scomoda di fare l’intermediario tra lei e la famiglia del morto.
È tutto l’insieme che mi ha fatto uscire dalla sala soddisfatto e contento. Un eccellente film ben diretto con mano sapiente, attori in gran spolvero, trama originale e sceneggiatura perfetta. Non è ovviamente il primo caso in cui si parla di trans e di amori contrastati, ma fatto con questa delicatezza e intelligenza è raro. Il mio voto giusto sarebbe un bel 7 e avrebbe meritato anche 8 se il regista avesse avuto ancor più coraggio e reso il film più forte e potente, con più sfrontatezza. Ma Lelio ha scelto la strada del volo radente, senza affondare troppo i colpi. Ma va bene anche così.
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