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The Party

Regia di Sally Potter vedi scheda film

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La recensione su The Party

di Furetto60
6 stelle

Divertente "black comedy " di impianto teatrale. Tra farsa e dramma

Janet, esponente di spicco del partito laburista inglese, donna in carriera, dalla forte tempra, insieme al marito Bill, docente universitario, intellettuale e scrittore, che peraltro appare da subito turbato, estraneo e confuso, organizza una piccola festicciola in occasione della sua fresca nomina a ministro della Salute, nel nuovo governo ombra. Al rinfresco, partecipano pochi intimi: l’assistente Tom cocainomane perso, poi Gottfried ottimista naturopate, che dispensa ovvietà a raffica, con la compagna April, viceversa cinica e ipercritica e una coppia gay formata da Martha, veterofemminista e Jinn, che è incinta di tre gemelli. Si aspetta l’arrivo di Marianne moglie di Tom. Solo però che durante l’evento, Bill a sorpresa, fa due rivelazioni, altrettanto scioccanti, che trasformano la riunione conviviale, in un drammatico e perfino tragico, gioco al massacro, tra segreti, bugie e tradimenti, di volta in volta sempre più sorprendenti. La neo-ministra, un po’ alla volta scopre che in sostanza al di delle apparenze, è tutto falso: opinioni politiche, legami amicali e sentimentali. Gli astanti, costretti dalle inaspettate circostanze, si spogliano della loro facciata pubblica, che non rispecchia la loro reale personalità e le intime convinzioni, facendo emergere il loro lato oscuro e però più autentico. L’ottima scrittura, soprattutto dei dialoghi, restituisce ritmo, ironia, arguzia, asprezza, e altri pregi tipicamente “british”. Il film che possiede il tono della "black comedy "di impianto teatrale, è una pochade con intenti evidentemente satirici, ma se come commedia funziona benissimo, dosando sapientemente umorismo e sarcasmo, viceversa come critica di costume , lascia il tempo che trova. L’intento di sferzare la sinistra degli intellettuali radical-chic, che nel Regno Unito, come è stato sancito dalla Brexit, si sta leccando le ferite, non funziona granché, perché sfrutta dei cliché abusati e troppo convenzionali, come la coppia di lesbiche, che aspetta tre bambini, l’intellettuale ateo e razionalista che scopre il lato spirituale in punto di morte o il manager liberale, che però va fuori di testa quando scopre il tradimento della consorte. Al suo nono lungometraggio, Sally pur confermandosi regista di alto livello, non riesce a stilettare con la necessaria cattiveria e causticità i costumi politici della middle class britannica. Si sorride a denti stretti. Il cast peraltro è semplicemente strepitoso e costituisce l’architrave del film, la scena finale poi è imperdibile.

 

 

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