Capita sempre più spesso che i film d'autore restringano il loro campo d'azione, rifugiandosi all'interno di ambienti domestici in cui, al riparo da occhi indiscreti, è possibile dare sfogo agli istinti più bassi e disdicevoli del comportamento umano. All'inseguimento di un'ipotetica diversità il cinema borghese finisce per costruirsi invece una nicchia che, ahimè, simula gli stessi infingimenti messi in circolo dai milioni di internauti che popolano la rete. E' con queste premesse che si presenta "The Party", ultimo di una lista di titoli in cui ad andare in scena è un gioco al massacro che fa terra bruciata di ogni parvenza d'amore e di amicizia. Con un titolo che allude tanto agli intenti politici (falsamente progressisti) della padrona di casa, primo ministro in pectore che, come vuole la vulgata, deve fare i conti con i soliti scheletri rinchiusi nell'armadio, quanto al ricevimento culinario che fornisce la scusa dell'occasionale rimpatriata. Il film sceglie i propri ospiti in modo che ognuno di loro contribuisca a riprodurre i punti di vista se non dell'intera compagine sociale, almeno di quella che dovrebbe fare capo alle forze liberali del paese. Sally Potter, che di teatro e di teatralità se ne intende eccome, sceglie attori sacrificando il glamour alla recitazione mettendoli davanti alla mdp come fossero sul palcoscenico dell'Old Vic, pronti a scannarsi prima con le parole e poi, chi lo sa! Il tenore dell'operazione rimanda a "Carnage", ma del film di Polanski quello della Potter non ha l'energia cinematica, forse perché l'intenzione non è quella di ricrearne il continuo cambio di prospettive quanto piuttosto di seguirne l'escalation drammaturgica. Peccato solo che la dimensione sofisticata, il ritmo dei dialoghi e le eccellenti interpretazioni di attori da Oscar siano messe a disposizione di un divertissement che assomiglia a un esercizio di stile.
(pubblicata su ondacinema.it)
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