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Colo

Regia di Teresa Villaverde vedi scheda film

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La recensione su Colo

di alan smithee
9 stelle

TFF 35 - ONDE - ARTEKINO FESTIVAL BY MYMOVIES

In un Portogallo letteralmente flagellato dalla crisi economica, una famiglia di quello che in tempo veniva definito "ceto medio" cerca inutilmente di resistere, senza accorgersi che si sta lentamente sfaldando il legame che li tiene uniti. La madre cerca in tutti i modi di farsi assumere in una seconda occupazione serale che supplisca la circostanza che il marito da tempo è disoccupato e non riesce a trovare il modo di ricollocarsi e girovaga per la città senza un vero fine con cui occupare concretamente le proprie giornate, anzi mettendosi in testa che la moglie sta cercando di abbandonarlo.

La figlia, teenager, cerca di togliersi dal disagio che si respira in quella casa assentandosi spesso e frequentando assiduamente un'amica coetanea, segretamente incinta di pochi mesi.

Con Colo, ovvero "grembo", Teresa Villaverde definisce con lucidità tagliente, e pure un certo sarcasmo, lo stato di impotenza che coglie il ceto medio di fronte all'ineluttabilità di una indigenza che li coglie impreparati non solo ad affrontare la situazione in generale, ma pure a trovare un rimedio immediato alle conseguenze della rispettive inadempienze: giostrarsi senza corrente elettrica, affrontare il disagio di un trasloco ed un ritorno al paese di uno dei genitori come atto inevitabile da una parte, ma anche come una dichiarazione di resa.

Ecco allora un padre che sceglie la vendetta nei confronti di un collega, salvo poi comprendere di stare ancora più male e trovarsi costretto a rendere il magro bottino intascato, per rifugiarsi in bagno nudo, nella vasca da bagno e coprirsi il volto con un secchio (scena splendida), facendosi smascherare pure dalla figlia, imbarazzata ma dignitosa nel suo atto di omertoso silenzio nei confronti di una madre sempre assente.

Il grembo è duplice: quello dell'amica incinta che diviene la nuova missione di un padre che trova nei problemi immediati e concreti della ragazza una nuova ragione di vita, architettando un piano balordo e difficilmente eludibile, ma che comunque rappresenta l'unico appiglio a cui aggrapparsi. Ma il grembo è pure la famiglia, la casa ove si convive, che diventa poco per volta, a causa della crisi economica, a cui segue quella morale e caratteriale, un territorio di solitudini ove ognuno entra ed esce rispettando orari che sembrano fatti apposta per non riuscire più ad incontrarsi e a condividere le difficoltà, magari cercando di alleviarle l'un l'altro.

La Villaverde ci illustra i tratti di quella che essa stessa, intervistata al termine della proiezione, definisce come una "guerra privata", che colpisce singolarmente i cittadini, mortificandoli e facendoli racchiudere sempre più in una rassegnazione che porta spesso alla tragedia o all'atto sconsiderato.

"ma qui non c'è una guerra, e noi non siamo malati", risponde la figlia ad una madre che cerca di spiegarle il senso di una unità familiare in cui tutti cooperino per arrivare a fine mese senza troppe privazioni.

La soluzione ci sarà, ogni componente della famiglia prenderà la sua strada, spesso all'insaputa degli altri, e l'incognita della sopravvivenza materiale di un nucleo si moltiplicherà per tre.

Nella splendida sequenza finale, ove, tramite un carrello, la mdp percorre avanti ed indietro lo spazio che separa una riva sabbiosa da una casa di campagna ove la ragazza protagonista trova segretamente rifugio con la complicità del proprietario, quel percorso a ritroso diviene il modo più efficace per esprimere un'incertezza che, moltiplicata per tre, finisce per assumere i contorni quasi surreali di un allontanamento condiviso ognuno sottacendo particolari fondamentali della propria situazione privata.

E Colo, mella sua dramamticità, si rivela uno dei film migliori del TFF, curiosamente portoghese pure lui come il già da me osannato A fàbrica de nada, stessa nazionalità, medesima problematica socio-economica di proporzioni drammatiche.  

 

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