Regia di Ildiko Enyedi vedi scheda film
On Body and Soul è, prima di tutto, un film inevitabilmente suggestivo; uno dei lungometraggi magicamente più leggeri e delicatamente più ammalianti visti negli ultimi anni. Il lavoro di Ildikó Enyedi sembra quasi un incantesimo (*per sconfiggere l'oscurità del "cinema commerciale"?) filmico che, appunto, incanta lo spettatore, stregando la sua percezione: On Body and Soul sarebbe potuto essere tranquillamente un film muto; avrebbe lo stesso valore e lo stesso impatto e sarebbe recepito alla stessa maniera anche se non avesse il sonoro. Tutto ciò perché è un film che valorizza e riscopre la potenza dell'Immagine, nonché la sua potenzialità immaginifica, poiché, difatti, il Cinema è, prima di tutto, Immagine. Di conseguenza, On Body and Soul è (finalmente!) Cinema puro, nonché "omaggio moderno" alla purezza del Cinema.
Cinema riscoperto, quindi. Risvegliato. Cinema sognato e sognante.
Insomna, On Body and Soul è un'opera di una grazia quasi inaccettabile.
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Interessante come nel finale viene ri-definita l'importanza dell'Immagine, cosicché si possa intendere quest'ultima come non-luogo eterotopico in cui convergono anime, fantasmi, desideri, sogni e, anche, altre Immagini; un'immagine che è, quindi, specchio e controcampo dell'ultimo frame di Mekong Hotel. Come fosse un pezzo, un substrato del fiume presente(?) ed immortalato/eternizzato nell'excipit del fantasmatico film di Weerasethakul.
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*l'oscurità dell'Immagine e del Cinema moderni viene, appunto, sconfitta e disinnescata da un raggio di luce che attraversa ed illumina l'Immagine, bucando lo schermo. All'inizio e alla fine. Dall'inizio alla fine.
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