Regia di Ildiko Enyedi vedi scheda film
L’incipit parte subito senza mezzi termini: una coppia di cervi cammina in un paesaggio boschivo innevato, metafora al tempo stesso sì di libertà, ma anche di quanto pesi il detenerla; la cerva, nel camminare, non guarda dritto davanti a sé, ma procede alla cieca tenendo il capo leggermente inclinato verso il compagno che la precede; questi, a sua volta, come “sentendo” lo sguardo di lei, si ferma e si gira a guardarla, retrocede verso la femmina, e iniziano insieme un balletto delicatissimo fatto di sfioramenti, di gesti teneri, di annusate premurose. Le riprese di questi due, a tutti gli effetti, co-protagonisti del film sono davvero sorprendenti, e al di là del fatto che, come si può imparare osservando questo video, si tratti di cervi in cattività abituati alla presenza umana, le commoventi scene di questo che si scoprirà essere il sogno comune di Endre e Maria, danno tutta la misura della sensibilità che la regista Ildikó Enyedi sa mettere in questo suo lavoro.
“Corpo e Anima” (peccato, un titolo così poco originale...) è un film sull’incapacità di amare, sulla paura dei propri sentimenti, sulla difficoltà ad accettarsi come anima e come corpo insieme: non a caso, l’ambientazione è quella del macello di Budapest, dove appunto, con la sua attività, l’uomo risolve la questione semplicemente dedicandosi ad uccidere “corpi”, negando così sbrigativamente l’anima(le).
“Corpo” è quindi “carne”: il braccio offeso di Endre e la fobia verso ogni tipo di contatto fisico di Maria che affonda le sue mani in un purè di patate o che cerca di sfiorare la schiena di una mucca. E “Anima” è anche “musica”: una scena piuttosto divertente in un negozio di dischi (il film della Enyedi è molto più velato di ironia di quel che sembri) ci introdurrà poi a “What He Wrote”, il brano cantato da Laura Marling che sarà la “targa” musicale della pellicola. E forse proprio in alcuni versi di questo bellissimo brano si può trovare la chiave di lettura più adatta per questo film. “Lui ha riso dei miei peccati...” canta la Marling “... ma io devo restare tra le sue braccia./ Mi ha scritto di essere al verde, ma anche io sono distrutta./ Gli ho chiesto come fosse diventato questo tipo di uomo/come avesse imparato a stringere la frutta tra le mani./Ma dov’è l’agnello che ti ha dato il nome?/Lui è dovuto andar via/nonostante l’avessi implorato di restare”.
E così, anche se la storia tra Endre e Maria saprà faticosamente trovare le sua strada, si tornerà idealmente alla scena iniziale del bosco, dove gli occhi della cerva, prima ancora di essere quelli di un’innamorata, sono quelli spaventati di chi ha paura di perdersi nell’amore.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta