Regia di Richard Loncraine vedi scheda film
A volte si vorrebbe che dare un giudizio su un film fosse più facile: il film è bello oppure il film è brutto, con gli stessi parametri critici che usa o usava - non guardo il TG1 da decenni - Vincenzo Mollica. Purtroppo non è sempre possibile cavarsela così a buon mercato.
In questo film si racconta la storia di una signora della buona borghesia inglese, moglie di uno stimato funzionario della polizia, che il giorno del pensionamento viene nominato baronetto. Peccato che lo stesso giorno la signora, orgogliosa di questa promozione sociale, scopra che il marito intrattiene da cinque anni una relazione con la sua migliore amica. Abbandonato il tetto coniugale, la donna si rifugia dalla sorella, che non vedeva da anni, mentre il marito pensa già alle nuove nozze con l'amante. Quanto la protagonista è snob e conformista, tanto la sorella maggiore è invece refrattaria alle regole della buona società: da sempre single, ha avuto esperienze etero ed omosessuali, ha relazioni libere con gli uomini, è sboccata, di tanto in tanto beve e fuma marijuana. Dopo un periodo di assestamento, la sorella snob si adatta allo stile di vita della sorella liberata e si innamora, ricambiata, di un uomo che, per far curare la moglie malata di Alzheimer, si è venduto la casa ed è stato costretto ad andare a vivere su una barca. A un certo punto, l'uomo resta vedovo e vorrebbe rifarsi una vita con la protagonista, ma questa decide di perdonare il marito, che nel frattempo ha cacciato via l'amante. Quando però la sorella grande si ammala di cancro e muore, la nostra protagonista si rende conto di cosa realmente voglia dalla vita e decide di raggiungere il suo spasimante sulla barca.
Sulla carta, Ricomincio da noi (in originale Finding your feet, "trovando i tuoi piedi") ha tutti gli elementi per essere un ottimo film, a cominciare da un duo di protagonisti di strepitosa bravura, come Imelda Staunton e Timothy Spall, già interpreti di qualche film diretto dall'ottimo Mike Leigh. Il regista è quel Richard Loncraine che qualche anno fa, almeno con Riccardo III (1995), aveva manifestato qualche velleità avanguardista, prima di ripiegare sulla commedia sentimentale e - in questo caso - lacrimosa. Ecco, gli elementi vincenti sulla carta vengono dispersi da una sceneggiatura zeppa di stereotipi melodrammatici (la scuola di ballo, i congiunti malati, il viaggio a Roma - la "città dell'amore" - dove i nostri inglesi sembrano sorpresi davanti a una fetta di pizza o a un piatto di spaghetti), che lasciano perplesso lo spettatore più smaliziato e meno propenso a lasciarsi ammaliare dalle astuzie di un copione che odora di vecchio melodramma.
Restano indubbiamente una confezione dignitosa e le interpretazioni di un gruppo di attori bravissimi anche tra gli elementi meno appariscenti. Ma resta la sensazione che con tanto ben di dio e una sceneggiatura di maggiore consistenza si sarebbe potuto tirare fuori un film memorabile. Ma non tutti gli scespiriani d'assalto hanno il valore di un poeta proletario come Mike Leigh. (9 settembre 2018)
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