Regia di Daniele Misischia vedi scheda film
Il clamore mediatico che si è creato intorno a questo prodotto italiano è ingiustificato. Dopotutto gli autori della sceneggiatura si sono semplicemente limitati ad importare un elemento (quello della fine del mondo che avviene attraverso la conquista della terra da parte dei non-morti) che gli americani (e non solo loro) utilizzano da decenni.
Ora, sia chiaro, devo dire che sono rimasta sorpresa anche io da ciò che vedevo e per almeno una mezzora o poco più dello svolgimento della trama, mi sono ripetuta, come un mantra, cosparso di stupore, che ciò che stavo guardando era un prodotto Made in Italy ma, dopo aver superato lo shock iniziale, mi sono accorta che ovviamente era un prodotto fatto nella nostra amata patria e i difetti a dir poco evidenti ne erano una prova ben marcata.
Pur cercando di giustificarli ripentendo (ancora sempre come un mantra, per l’auto-convincimento indotto dall’elevazione a “buon film” di cui sopra) che dopotutto era un film indipendente a basso budget, di un giovane esordiente, ad un certo punto, ho dovuto ammettere che: non ne potevo più!
Se il merito del regista sta nell’utilizzo di inquadrature sicuramente belle da vedere, che denotano una passione ed una certa conoscenza del cinema di genere, inducendo la curiosità verso un eventuale prossimo progetto da lui diretto, ci sono elementi di disturbo che non possiamo ignorare. Uno su tutti Alessandro Roja.
L’attore romano, abituato a recitare in serie televisive o attraverso comparsate dal tempo in scena limitato, non sembra capace di reggere la pressione di una prova attoriale così estrema e finisce per portare la sua recitazione allo stremo con la conseguente forzatura di alcune situazioni che ne deturpano la naturalità; intrappolato in un ascensore senza via di fuga, finge estremo dispiacere per ogni morto che gli capita sott’occhio, si arrende, senza nemmeno tanta afflizione, ad un destino che sembra scritto, lasciando chi guarda assuefatto da dialoghi inutili e situazioni al limite del ridicolo che rendono la visione insofferente.
Quando il finale arriva finalmente a palesarsi, i riferimenti a La notte dei morti viventi di Romero, non si contano già più e quando le sequenze finali (i cui tempi sono davvero troppo allungati) che mostrano una Roma vuota e saccheggiata, di certo la scena più bella dell’intero film per la potenza che emana, iniziano a portarti verso lo schermo nero, speri davvero che possa finire allo stesso modo della pellicola che ha fatto storia; forse per dare un senso a tutto quello che si è visto o forse per compensare alla metamorfosi umana a cui il soggetto protagonista sembra essere sottoposto e che non si palesa purtroppo mai. Un tentativo, in parte fallito, di fare un cinema diverso di cui ne sentiamo, a quanto si deduce dalle sviste che prendiamo nell’urlare al quasi-capoleavoro ogni qual volta notiamo un elemento fuori dagli schemi a cui siamo abituati, sempre più il bisogno.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta