Regia di Doug Liman vedi scheda film
CINEMA OLTRECONFINE
Un muro che divide, ma stavolta per salvare una vita da una minaccia incombente, in un inospitale luogo di guerra e violenza senza fine.
Deserto iracheno: due militari americani intervengono dalle alture ove si sono piazzati in tuta mimetica, per accorrere in un sopralluogo presso un cantiere di un oleodotto, dopo che questo è stato oggetto di un sanguinoso attacco terroristico.
La situazione pare rischiosa, ma anche di routine per le abitudini dei due soldati, e quando il sergente più anziano decide di farsi largo per il sopralluogo definitivo, tra cadaveri che giacciono sparsi tra la sabbia e rovine di antiche povere abitazioni, ecco che un cecchino all'improvviso inizia a far fuoco. Col suo collega a terra ferito, il suo giovane compare interviene d'istinto e, per l'irruenza improvvisa del suo agire senza premeditazione, viene pure lui ferito, ma riesce a nascondersi dietro un provvidenziale muro pericolante, dalle cui fessure riesce pure a inserire il proprio cannocchiale, per cercare almeno individuare la minaccia.
Chiede aiuto via radio, ma scopre presto che la voce del suo interlocutore tradisce un accento sospetto: è il balia del suo aguzzino, e il suo compare sta morendo lentamente per dissanguamento.
La situazione che vede un uomo coinvolto in una minaccia imminente che lo blocca in balia degli eventi, è un "must" di molto cinema di intrattenimento adrenalinico: nel caso di azione bellica il recente Mine, del tuo registico italiano dei due Fabio (Guaglianone e Resinaro), ne è un esempio a questo molto simile per cliché e soluzioni e conseguenze ad esso legate. Per non parlare del film-fitocopia (però nato cronologicamente per primo) rappresentato dal francese Passo Falso, di Yannick Saillet (2014), a cui lo stesso Mine, che ne rinnega parallelismi coscienti, risulta fortemente debitore.
Doug Liman, regista action piuttosto affermato, ma non sempre garanzia di qualità (anzi!!), ha alle spalle l'esperienza pseudo-bellica del primo Bourne (transitato poi nelle più stilisticamente cinefile mani dell'Asia più interessante e talentuoso Greengrass), organizza la vicenda accumulando saggiamente gli elementi narrativi che riescono a creare una vera suspence (o qualcosa di piuttosto simile), in modo da farci vivere il dramma nel modo più appassionante che si riesca. Peccato che nulla di veramente nuovo o sorprendente possa scorgersi in quegli orizzonti geografici, ma anche cinematigrafici, senza fine.
Bravo Aaron Taylor Johnson, volto espressivo e gradevole che sa risultare credibile al centro esclusivo dell'azione e del dramma. Al più materiale ed espressivamente limitato partner (non ce ne voglia) John Cena, ex lottatore e da qualche anni star del cinema action più consueto e di cassetta, l'attore muscolare utilizza con coerenza la propria maschera quadrata e possente e la regia strategicamente evita di concentrarsi eccessivamente sulle sfaccettature che il suo personaggio potrebbe indutre a (non) comunicare.
The wall non è niente di più che un action onesto, ma di pura routine, forte di una ambientazione bellica circostanziata e di forte attualità che lo nobilita ad un rango a cui forse non merita proprio di far parte. Soprattutto se si ripensa a quel finale con beffarda pseudo-sorpresa, più furbo ed insolente che ispirato e genuino.
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