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Suspense

Regia di Jack Clayton vedi scheda film

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DeathCross

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Suspense

di DeathCross
10 stelle

Una nenia infantile accompagna malinconicamente lo schermo nero e, poi, il logo della Fox, rubando il posto al solitamente immancabile motivo trionfale.

Poi, si ode il canto degli uccelli, e due mani oranti accompagnano i titoli di testa, mentre una donna piange. Pian piano appare anche il volto della donna, le lacrime agli occhi. Fuori campo, la sua voce dichiara, sofferente, di voler aiutare i bambini.

 

 

[Avvertenze: recensione semi-provvisoria e piena di SPOILER]

Con questa memorabile e toccante sequenza, inizia “The Innocents”, Horror/Dramma Psicologico dove l’Orrore è tanto più inquietante quanto suggerito. È l’atmosfera malsana che rende quest’Opera un Horror: questa atmosfera è costruita con sapiente maestria registica, attraverso un uso attendo del Sonoro, con sussurri, echi e suoni distorti (ma anche con l’assenza di Suono, come nella prima apparizione di Quint); attraverso la scelta di cambiare le scene mediante dissolvenze incrociate, grazie alle quali alcuni particolari, come la foto di Quint, mantengono la loro presenza sulle sequenze successive, in particolare nei sonni inquieti di Miss Giddens. Anche i primi piani, schiacciando a volte i volti dei personaggi, contribuiscono a calarci nella psiche turbata della protagonista. Questi ed altri espedienti cinematografici e narrativi vengono adottati affinché lo/a spettatore/rice continui, durante il corso del film, a mettere in discussione ciò che viene mostrato e sé stesso/a, così come accade alla protagonista. Infatti, in questo film non esistono certezze, tutto è avvolto nel Dubbio. Miss Giddens è un’eroina tragica che lotta contro le forze maligne in nome della Felicità dell’Infanzia o è solo una pazza fanatica bisognosa di attenzioni? È il Peso della Responsabilità Gravosa scaricatole dall’egoista zio a influire negativamente sulla psiche della giovane donna portandola, aldilà della correttezza delle sue intuizioni, a compiere le scelte più dannose oppure è l’ombra di una pedofilia a lungo repressa a spingerla a incoraggiare sé stessa e chi le sta intorno, fino ad arrivare alla coppia sorella-fratello, verso l’ipotesi della possessione? Non c’è risposta, non può esserci risposta, come non può esserci risposta, anche nella vita ‘reale’, di fronte ai profondi dilemmi del Male e della Sofferenza.

Un Dilemma così lacerante non può non concludersi in Tragedia: forse ha davvero ragione Mrs. Groose nel dire che risvegliare le giovani menti dall’incubo della (presunta) possessione è una scelta nettamente più disastrosa del lasciarle addormentate, illuse, ingannate: un risveglio tanto brusco, infatti, può portare o all’Odio e al Terrore più totale, rompendo il legame ‘idilliaco’ tra l’istitutrice e Flora, oppure può avere effetti letali, come accade a Miles che, urlato il nome di Quint, muore tra le braccia di Mrs. Giddens, che di fronte alla Sconfitta più totale risponde ricambiando al bacio sulla bocca datole da Miles (o Quint?) in una sequenza precedente. Proprio quando il pubblico si attende una svolta finale positiva, ci ritroviamo (ancora) di fronte alle mani giunte in preghiera della donna, ma questa preghiera è senza Speranza, come spietatamente ci rivela il “The End”.

Capolavoro in bianco/nero del Cinema Psicologico, vanta una struttura narrativa superbamente scritta dal leggendario Truman Capote in collaborazione con William Archibald (autore dell’omonima pièce teatrale tratta dal romanzo “Giro di vite” di Henry James). Ma ancor più che per la superba sceneggiatura, la riuscita del film è dovuta all’abile regia di Jack Clayton, che mette in scena l’atmosfera allucinante e morbosa della storia in maniera impeccabile e funzionale ancora oggi. Degno di nota anche il cast, tra cui spicca la coppia di bambini inquietanti interpretati da Pamela Franklin e Martin Stephens (costui presente anche in “Village of the Damned” di Wolf Rilla, sempre nei panni di un bambino ‘diabolicamente angelico’), interpretati da Martin Stephens e Pamela Franklin e la grandissima Deborah Kerr, la quale tratteggia magnificamente i turbamenti interiori della Protagonista. Da menzionare anche la brevissima apparizione di Michael Redgrave, che in appena cinque minuti circa riesce a mettere in scena l’egoismo odioso (e dichiarato) del ricco zio (borghese).

 

Assolutamente consigliato.

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