Regia di Abbas Kiarostami vedi scheda film
È un buon film, anche se non il migliore di Kiarostami. Il fatto stesso che da parte di molti critici se ne faccia dipendere parte del valore dalla conoscenza di altre opere dell'autore iraniano non mi pare certo un merito. Vi si trova, comunque, il consueto rigore formale e morale, nonché l'abilità di Kiarostami di costruire storie toccanti ed interessanti anche con pochissimi mezzi. Fra l'altro, la scelta di fare un film nel film (seppure chiaramente un pretesto) era abbastanza rischiosa, ma il risultato dà ragione al regista. L'assunto di partenza è il terremoto dell'anno precedente, l'evento che corrisponde alla guerra dell'anno zero nella Germania rosselliniana, oppure alla peste manzoniana. Il terremoto è il fenomeno che, terribilmente democratico, parifica chi ha una casa con chi non ce l'ha, avendole rase al suolo pressoché tutte. E allo stesso tempo è l'elemento che, specialmente sui giovani, ha l'effetto di far riflettere sulla caducità delle cose umane. Anche se abbattere certi pregiudizi millenari è più facile che distruggere un muro di pietre.
Si tratta di un cinema che, per certi aspetti, rimanda a quello di Olmi (in particolare all'"Albero degli zoccoli") e, per suo mezzo, ricorda comportamenti e modi che sembrano usciti dalle pagine dei "Promessi sposi". (16/08/2007)
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