Regia di Kogonada vedi scheda film
Architecture in Columbus
L'opera d'esordio di Kogonada (nome di penna/piuma e d'arte/battaglia in omaggio a Kogo Noda, braccio destro in fase di sceneggiatura di Yasujiro Ozu per la durata d'entrambe le loro carriere: un Emeric Pressburger più defilato), AV-saggista (Ozu e Robert Bresson, Richard Linklater, Wes Anderson, Darren Aronofsky e Hirokazu Koreeda, Stanley Kubrick e Quentin Tarantino, il neorealismo, Breaking Bad e Terrence Malick, Ingmar Bergman e Jean-Luc Godard) sudcoreano-statunitense (lo segnalai, oramai un lustro fa, sulle pagine di Cinerepublic: il post, passando a FilmTv, è stato re-impaginato, ri-de-editato e s-formattato automaticamente da un tornado che ne ha disperso link, immagini e AV), oltre a contenere un piccolo, breve, intenso, sorprendente, trascurabile, bellissimo momento di, ebbene si, poesia visiva, muta (quando, per il controcampo ad un dialogo tra i due protagonisti, il PdV della MdP si trasferisce con uno stacco di 180° al di là di una vetrata e d'un tratto le parole dei due si manifestano inudibili), al cast a tratti formidabile...
[Haley Lu Richardson (“Split”) in un magnifico quasi-assolo che rende il film un semi-one girl movie ("I Am Charlotte Simmons", le farebbe dire Tom Wolfe, e noi, a Casey, le auguriamo il destino migliore possibile, mentre dice e mette in pratica: "Goodbye, Columbus", e arrivederci, magari, al seguito, che potrebbe intitolarsi "New Haven": la University of -, se non Yale), John Cho (il Signor Sulu dell'Enterprise nella Kelvin Timeline di Star Trek), le bellissime Michelle Forbes (“Escape from L.A.”, “Star Trek: tNG”, “Homicide”, “BattleStar Galactica”, “True Blood”, “In Treatment”, “the Killing”) e Parker Posey (musa ventennale di Hal Hartley, da “Flirt” a “Ned Rifle”, nel mentre “the Anniversary Party” e poi due Woody Allen, “Irrational Man” e “Café Society”), e Rory Culkin (“You Can Count on Me”, “Signs”, “Electrick Children”), bravissimo]
...aggiunge un attore fisso e immobile come le inquadrature memori del maestro di Tokyo con le quali il regista, sceneggiatore e montatore di Seoul decide di raccontare la sua storia [musiche ambient mai invasive e ben inserite ed utilizzate degli Hammock (Marc Byrd e Andrew Thompson) e fotografia di Elisha Christian], una sorta di controcanto speculare e controparte inversa ad un'altra recente opera prima coscritta, senza trattino, nel senso di coeva, “the Levelling” di Hope Dickson Leach, di cui compie il percors'opposto a ritroso e rovescio (ma la lista sarebbe infinita: “Rushmore” di Wes Anderson, “Pecker” di John Waters, “Ghost World” di Terry Zwigoff/Daniel Clowes): la 2a Columbus degli U.S.A., non la grande metropoli capitale dell'Ohio ma la quieta media cittadina dell'Indiana, un laboratorio all'aria aperta di architettura contemporanea il cui ultimo contributo alla cultura mondiale è stato dare i natali a Carlo Giovanardi, ma che si riscatta mostrando i suoi lati migliori: edifici pubblici (amministrativi, culturali, religiosi) e privati, opere di viabilità e sculture ideate e firmate da Isaac Hodgson, Harry Weese, John Carl Warnecke, Costantino Nivola, Eliel e Eero Saarinen, Myron Goldsmith, Gunnar Birkerts, Henry Moore, E.C. “Chuck” Bassett, I.M. Pei, Robert Venturi, César Pelli, Richard Meier...
Se dai una possibilità all'esistenza, lei ti travolge.
Quando l'insieme dei multiversi che comprende l'universo cui apparteniamo non esistev'ancora e tutto quanto era contenuto in un nonnulla di nient'affatto, la possibilità dell'esistenza era già espressa e onnicompresa in quell'attimo-punto, ed essendoci: fu.
E prova te a fermarla, se ci riesci.
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