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L'altro volto della speranza

Regia di Aki Kaurismäki vedi scheda film

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La recensione su L'altro volto della speranza

di mm40
5 stelle

Finlandia. Wilkstroem apre un ristorante e, impietosito, assume come uomo delle pulizie un immigrato clandestino siriano scovato nel retro del locale. Lo straniero, oltre che per trovare un posto in cui vivere, sta lottando per rivedere sua sorella, anch'essa in fuga dalla Siria da tempo.

 

Un piccolo flop, L'altro volto della speranza, per un regista assolutamente unico quale è Aki Kaurismaki. Ed è proprio la sua unicità a causargli problemi, quella strenua e incontrastabile volontà di mettere in scena in ogni film la stessa storia, una storia di rivincita, verso un destino migliore, in fuga dalla Finlandia degli anni Settanta dal regista tanto amata e al contempo odiata, Paese depresso e senza un futuro, ma in fin dei conti patria dei suoi grandi sogni e della sua gioventù. Ambientare in tale contesto una vicenda al passo con i tempi del 2017 e perfino lungimirante come quella del profugo siriano Khaled nella sceneggiatura dello stesso Kaurismaki, è in definitiva un paradosso, una contraddizione in termini che purtroppo non genera quel classico retrogusto sublime delle commedie amare del cineasta scandinavo, bensì solamente confusione e un senso di parziale malinteso. In concreto: il profugo si consegna alla polizia e gli vengono prese le impronte con un sofisticato apparecchio digitale mentre un agente stila il verbale su una vecchissima macchina da scrivere: basta questo fotogramma a comprendere quanto non vada in L'altro volto della speranza, per capire perchè Kaurismaki non riesce a sintetizzare due mondi tanto distanti quali quello del suo passato e quello del (non solo suo) presente. Il precedente Miracolo a Le Havre (2011) affrontava la stessa questione - i flussi migratori dal sud verso l'Europa - con uno sguardo più focalizzato sull'opera, sull'estetica, sulla messa in scena e ne risultava una pellicola compatta e di maggior credibilità; si ha perciò l'impressione che in quest'ultimo lavoro il regista abbia espressamente voluto puntare il dito contro la piaga dei profughi e le loro personali problematiche, trascurando in minima parte la resa formale del film. Che per il resto in linea di massima, e non se ne potrebbe dubitare, segue i canoni artistici di Kaurismaki in maniera piuttosto pedissequa: illuminazione teatrale, dialoghi laconici, azione ridotta ai minimi termini; manca però il finale agrodolce: se il regista era solito chiudere le sue opere passate con la fuga dalla depressa Finlandia, ora è diventata proprio quest'ultima la terra dei sogni del protagonista, cosa che, come rilevato, spezza gli equilibri della vicenda nell'ottica kaurismakiana. Nel cast: Sherwan Haji, Sakari Kuosmanen, Ilkka Koivula e un cameo per Kati Outinen. Svariati interventi musicali a base di rock finlandese - sempre giustificati sul piano diegetico - scandiscono gli sviluppi della trama. 5,5/10.

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