Regia di Tarik Saleh vedi scheda film
CINEMA OLTRECONFINE
"La credevo intelligente...invece è un idiota. Dove credere di essere? In Svizzera? Qui la giustizia non esiste!"
Il titolo francese del film girato con capitali scandinavi dal regista di nazionalità svedese, ma di chiara origine egiziana che risponde al nome di Tarik Saleh, suona astutamente, ma per nulla impropriamente, come "Le Caire Confidential".
Evidente richiamo al cinema, e prima ancora e soprattutto all'opera letteraria sporca e traditrice del grande giallista di classe James Ellroy. Tutto il nero e la cattiveria di fondo che alimenta l'intrigo di questo film non sono molto distanti, almeno a livello concettuale, da ciò che trascinava nell'oblio i protagonisti e le vittime del riuscito, epocale, violento L.A. Confidential del 1997 di Curtis Hanson.
Una nota cantante d'opeta viene trovata uccisa in un lussuoso albergo del Cairo, e una cameriera locale scorge, nell'atto di fare le pulizie, un uomo uscire furtivamente dalla stanza del delitto. Al poliziotto Norredine, non proprio un esempio virtuoso dell'Arma, viene dato incarico di indagare. Ma l'uomo intuisce presto che dietro all'omicidio, avvenuto chissà per quali foschi, deliranti motivi, si nascondono capisaldi della dirigenza del Capo di Stato Mubarak: uomini intoccabili di una gerarchia che tuttavia, nella ormai alle porte primavera del 2011, cominciano a sentire la base un tempo inattaccabile che li ergeva a padroni incontrastati, sgretolarsi ai loro piedi: la "Primavera araba" e la rivolta di Piazza Tahrir sono davvero alle porte: questione di giorni, anzi di ore, come confermano le sommosse di piazza dilagante ovunque nel centro cittadino della capitale egiziana.
E per il corrotto maggiore, anzi neo colonnello Noredine, parente stretto del capo della polizia arci corrotto, incaricato di svolgere indagini solo apparenti, la protezione della unica testimone oculare diviene una priorità in un uomo che, pur non esente dalle dilaglanti cattive abitudini, ha ancora un briciolo di orgoglio ed amor proprio per provare pietà verso i derelitti, e disgusto verso la casta intoccabile dei potenti.
The Nile Hilton incident riesce mirabilmente a costruire il suo intrigo noir complesso, tortuoso, da cui risulta difficile potercisi raccapezzare, ma dal quale emerge, con certezza assoluta, come tutta una vita e ragion di stato si poggi sul vile denaro corrotto, sul potere e su loschi rapporti d'affari che assicurano il benessere sfrontato di una casta privilegiata ai danni della massa, che subisce, deve fuggire e finisce per farsi ammazzare quando la verità necessità di rimanere ben celata.
Ma il film non si limita al noir, dandoci importanti ragguagli e documentazioni, ad esempio sulla pentola a pressione che sta scoppiando tra le file dei ceti popolari angustiati e al limite della sopportazione, o anche su tematiche ancora più sottili come la condizione degli emigrati già ancora residenti in terra africana, e facendo emergere la figura timida, ma non proprio arrendevole della giovane cameriera e testimone oculare, che con Norredine (quell'ispirato musone tutto naso di Fares Fares, attore svedese assai versatile - spazia abilmente da comicità - ricordate Jalla Jalla e Kops? - ad action, a dramma - nato a Beirut assai noto in Europa per sapersi alternare tra chicche d'autore a clamorosi blockbuster) costituisce una inedita, singolare, ma scenicamente molto riuscita coppia di fuggitivi alle prese con un qualcosa di corrotto che li sovrasta senza via di scampo.
Ed il finale beffardo al centro dei tumulti popolari, che tentano di divenire anche un inconsapevole luogo di risoluzione degli eventi della nostra sporca storia di morte, sancisce la (superflua) conferma che ci troviamo di fronte ad un gran bel film.
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