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Omicidio al Cairo

Regia di Tarik Saleh vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Omicidio al Cairo

di obyone
7 stelle

 

Fares Fares

Omicidio al Cairo (2017): Fares Fares

 

È il 28 luglio 2008. Al 2204 della Rimal 1 Tower, ventisettesimo piano, la polizia trova il cadavere di Suzanne Tamim. La gola tranciata di netto, la testa quasi decapitata, il volto sfigurato dai ripetuti colpi inflitti con l'intento di deturpare tanta bellezza. La scena è raccapricciante sia per la polizia sia per la cameriera che ha il compito di rassettare la stanza. La cantante libanese viene trovata cosi, sfregiata, umiliata ed immersa in una pozza di sangue. Dopo un vita di successi professionali ma anche di eccessi arriva il capolinea all'età di soli trent'anni.

A Beirut la questione si sarebbe chiusa in quello stesso appartamento. L'indagine sarebbe stata solo sulla carta, numerose le pagine di giornali e scontata la successiva archiviazione del caso con una scatola alla "Cold Case". Ma siamo a Dubai. La polizia indaga sul serio e complice un killer poco professionale, per usare un eufemismo, si mette sulle tracce del mandante. "La perla del Mediterraneo" ha molti nemici, e troppo in alto per poterli disturbare. Tra di essi gli integralisti musulmani, gli oppositori del presidente Rafiq Hariri, a cui aveva dedicato a memoria del suo assassinio una canzone sin troppo struggente dal titolo "Lovers", un ex marito, molti amanti.

Dubai scopre il colpevole, il ricco magnate Hashim Taalat Moustafa, uno che in Egitto fa ciò che gli pare sia in campo immobiliare sia in campo politico dove gode dell'amicizia e dell'appoggio del presidente Hosni Mubarak. Lui ed il suo sicario finiscono nelle celle egiziane. Le prove sono lapalissiane ma di galera ne fanno ben poca. Ci pensano il Ramadan e il neo presidente Abdel Fattah al-Sisi a concedere la grazia. Le donne valgono davvero poco specie se vivono una vita libera e sentimentalmente irrequieta. Peccato che si può perdonare ad un uomo ma non ad una donna. L'imprenditore e politico che ha deciso di farla ammazzare, piuttosto che condividerla con altri, beneficia dell'amnistia per motivi di salute e torna libero. Non è un film. Questa è storia. Alla finzione ci pensa Tarik Saleh con una messa in scena oscura come il potere, un interprete molto convincente ed una sceneggiatura che arriva al punto nonostante qualche passaggio ferruginoso. 

 

Mari Malek

Omicidio al Cairo (2017): Mari Malek

 

Il regista svedese, di origini egiziane da parte di padre, si ispira ad un crudo fatto di cronaca, al barbaro omicidio della "Madonna del Libano", per guidarci lungo le strade calde del Cairo, nei giorni precedenti lo scoppio dei disordini di piazza Tahrir che costringono Mubarak alle dimissioni dopo trent'anni di presidenza. Siamo nel 2011 e in tutto il Maghreb e negli altri paesi arabi la Primavera è arrivata anzitempo.

Ma torniamo al Cairo. Una cantante famosa viene sgozzata e sfregiata nella camera dell'hotel dove alloggia. Una cameriera sudanese vede troppo ed il comandante Noredin Mostafa cerca, ma senza convinzione, di trovare la testimone, l'assassino ed il mandante. Quest'ultimo è un politico, legato al presidente, e la sua faccia campeggia in ogni luogo in cui c'è un cantiere aperto. Quando Mostafa sfida gli ordini dei superiori recandosi nella blindatissima villa di Hatem Shafiq rischia di restare in mutande eppure il miliardario egiziano lo incarica di trovare il colpevole. In mezzo ci si mette pure una giovane e bellissima cantante e la corruzione di una capitale senza alcuno scrupolo.

 

Ahmed Abdelhamid Hefny, Fares Fares

Omicidio al Cairo (2017): Ahmed Abdelhamid Hefny, Fares Fares

 

Tarik Saleh gira parte del film al Cairo poi le autorità egizie si accorgono magicamente dell'ospite indesiderato e della trama del film. I servizi di sicurezza cacciano il regista senza troppi complimenti per evitare pubblicità ingannevole al regime di al-Sisi. Casablanca ed altre località dell'area sahariana ospitano le riprese ed il Sundance Film Festival proietta per primo questo realistico atto d'accusa nei confronti di una società corrotta fino al midollo in cui non si salva praticamente nessuno. I politici si appropriano dei fondi pubblici, mettono a tacere la giustizia, impartiscono ordini agli organi di sicurezza dello stato per difendere i propri illeciti interessi mentre la polizia gestisce traffici illegali "partecipando agli utili" prodotti da commercianti e lavoratori. Si paga il pizzo e si spera possa bastare ma intanto gli ospedali sono pieni e si rischia di morire in casa per un nonnulla. Non va meglio altrove: impresari musicali gestiscono il racket della prostituzione mentre loschi kapò sfruttano la disperazione dei propri connazionali immigrati, spesso clandestini e mal pagati.

La società egiziana è marcia sin dalla base. Il welfare e la giustizia abdicano di fronte alla corruzione che fagocita il danaro pubblico. 

Mentre il 25 gennaio 2011 monta la protesta, iniziano i tafferugli di una popolazione malata, stanca, affamata, sovrastata dalla speculazione edilizia.

Il colonnello Noredin Mostafa, poliziotto e taglieggiatore, raccoglie sul suolo di una strada piena di dissidenti ciò che ha seminato: insulti vomitati in faccia e calci nel ventre. Mostafa sconta le pene proprie e dell'intero corpo di polizia. Il sicario è morto. Il mandante è in prigione. Ci rimarrà se farà comodo a chi è pronto a ribaltare il potere. Ma a Noredin non può bastare il finale dolceamaro di una storia che conta troppe vittime. Davanti a lui, sull'asfalto, circondato dai dimostranti, la vita scorre in un riepilogo che non può piacere. Il suo stesso sangue guida un dipartimento corrotto, e troppe donne sono morte. Forse sua moglie non è sopravvissuta all'incidente per colpa di un ospedale pieno. Il giovane collega è stato punito per la sua disobbedienza e la giovane Salwa ha perso tutto. D'improvviso Noredin sente addosso il peso delle iniquità che egli stesso ha contribuito a creare. Forse ripensa alle parole del padre: "Ti prego non dire più che hai guadagnato altri soldi. È più serio ammettere il furto". Lapidarie e feroci come i calci che l'hanno messo a terra. Taglienti come la lama che ha messo fine alla vita di Suzanne Tamim.

 

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Fares Fares

Omicidio al Cairo (2017): Fares Fares

 

PS: dodici anni son passati. Piazza Tahrir non è più la stessa. Ciò che rimane uguale è il continuo calpestio dei diritti umani. Le associazioni che lottano per il loro rispetto hanno tratto conclusioni drammatiche nei loro report arrivando a descrivere una condizione del popolo persino peggiore a quella del 2011. Si stava meglio quando si stava peggio. Le istanze di rinnovo e cambiamento rivendicate con la Primavera Araba sono state rispedite al mittente e le disparità sociali ed economiche sotto il governo autoimposto di al-Sisi si sono acuite. 

Per questo Tarik Saleh ha già pronta una nuova indagine. Naturalmente al Cairo. Perché solo le voci che si innalzano, prima o poi, arrivano al cielo.

 

Hania Amar

Omicidio al Cairo (2017): Hania Amar

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