Regia di Astra Taylor vedi scheda film
La macchina da presa segue il filosofo e psicanalista Slavoj Zizek fra conferenze in Argentina, negli Stati Uniti e in patria, in Slovenia. Zizek espone le sue teorie, motivando le predilezioni assolute per Lacan e Stalin, con vulcanica verve.
Slavoj Zizek: uno sguardo ravvicinato. Per conoscere meglio e da vicino, in maniera più che attendibile – cioè tramite le sue stesse parole – il filosofo e psicanalista di Lubiana, ecco che la giovane documentarista canadese Astra Taylor mette insieme questo film, un’ora e dieci minuti di corse in giro per il mondo a inseguire Zizek. Lo troviamo a un incontro con gli studenti in una università di Buenos Aires; quindi lo vediamo tenere banco a una conferenza a tema filosofico a New York; infine possiamo osservarlo a casa sua, in Slovenia, fra un poster di Stalin appeso al muro e i cassetti della cucina pieni di maglie e calzini. Una signora di una certa età lo ferma in un parco per chiedergli un autografo: lui esegue con un sorriso, ma appena l’avventata ‘fan’ si allontana Zizek la liquida con generici insulti. Lui è così, imprevedibile e vulcanico, una mente pensante 24 ore su 24 senza sosta, capace di cambiare rapidamente argomento e registro, e venendo spesso perciò considerato un ‘comedian’ della filosofia, come spiega lo stesso Zizek nella parte finale del film. Ma è lui per primo a cercare questo malinteso, a proporsi in veste leggera – vedasi la scena di chiusura del lavoro – pur tirando in ballo temi e idee di vasto spessore. La maniera migliore per entrare nel suo universo rimangono senza dubbio i libri da lui pubblicati, ma la visione di questo documentario è comunque un ottimo biglietto da visita. 6/10.
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