Regia di David Lowery vedi scheda film
Storia di Fantasmi Texani, immemori e/o irriducibili.
Casa è dove vive l'amore. O almeno un(')amante.
"What is it you like about this house so much?" - "[Our] History".
David Lowery (classe 1980, faccia e sguardo, viso ed espressione da Tom Hardy nei panni sporchi e nelle vesti lerce di Michael Gordon Peterson aka Charles Bronson) proviene da un draghetto disney remakato su commissione (“Pete's Dragon”, '16) e da un paio di santi nel titolo [“St. Nick”, '09 (David Gordon Green e Roberto Minervini) e “Ain't Them Bodies Saints”, '13 (Terrence Malick e Jeff Nichols)], ed è diretto verso “the Old Man and the Gun”, '18 [Robert Redford (2a collaborazione col regista), Casey Affleck (per la 3a volta insieme), Sissy Spacek, Danny glover, Tom Waits, Elisabeth Moss e Keith Carradine (un'altra 2a occasione di lavoro col director)], e l'N.esimo “Peter Pan”, e, nel frattempo, questo “A Ghost Story” (non “the”, “A”) - da lui sceneggiato e montato (ha anche co-curato assieme al regista l'editing di “UpStream Color” di Shane Carruth) - lo avrei lasciato sedimentare pian piano nel dimenticatoio se @MdC non mi avesse posto una delle domande più belle, generose e impegnative: “Che ne pensi?”. Ed ecco che...no! Un altro regista cui star dietro (e recuperare il recente passato) no! Eppure si, toccherà farlo.
“Buh!”, fece la ruspa al fantasmino, in questa Prova d'Orchestra ch'è la vita.
Costato più o meno 100.000 dollari stimati spannometricamente (ripagati già nel solo primo week-end, mentre l'incasso finale tra sala e home-video raggiungerà i 2 mln di $), “A Ghost Story”, distribuito in U.S.A. da A24, inizia con un riso che sembra pianto, in una placida atmosfera dai sentori horror, e una vaghezza d'ombra e lame di Luz (nemmeno tanto) Silenciosa baluginanti sui muri, per poi perdersi in una nebulosa protostellare [ancora/poi: Malick e Reygadas, Sarunas Bartas e Jonathan Glazer, Henry James/Shirley Jackson e Apichatpong Weerasethakul (vite precedenti e hotel che fan la spola dal Colorado al Mekong), figurazioni miyazakiane e spettrografie shyamalaniane, etc...]. Gioca col rilassarsi e l'allentarsi e con il mantenimento e il proseguimento della tensione: come potrebbe concludersi la prima scena, dopo il prologo, durante il risveglio notturno? Con una rivelazione? Con un abissarsi nel sonno. E come potrebbe compiersi l'altrettanto lungo quadro successivo, alla morgue? Esattamente al contrario, con il cristallizzarsi della suspense in un colpo di scena, realizzato tecnicamente con un abile “trucco” artigianale di stiratura e ripiegatura, e un Personal Shopper per il lenzuolato kukluxklaniano con gli occhi ritagliati a lacrima nera da cane bastonato [gli stolti direbbero che Casey Affleck - "Gerry", "the Assassination of Jesse James by...", "I'm Still Here", "the Killer InSide Me", "Out of the Furnace", "Manchester by the Sea" - (che assieme a Rooney Mara - "the Social NetWork", "the Girl with the Dragon Tattoo", "Side Effects", "Her", "Carol", "Song to Song" - torna a lavorare con Lowery subito dopo “Ain't Them Bodies Saints”, riformando una coppia, anzi un terzetto affiatato), novell'Orlando rovesciato-incatenato woolfiano, ci guadagna in espressività, ma quelli so' fatti così, cioè male].
“I don't think they're coming.”
Un altro addio, ulteriore, verso un altro compagno di viaggio, "da fermo": lo spettro del vicino di casa consunto dall'attesa, i fiorellini appassiti ricamati/stampati sul lenzuolo [ben difficile che in ospedale usino biancheria a ghirigori, probabile si tratti invece di un sudario casalingo conseguenza di una morte avvenuta in seno alla famiglia e di una camera ardente allestita nella propria (fu/ex) abitazione, ora dei suoi cari...uno dei quali, però, forse, risulta mancante all'appello "finale"], che alla fine cede, e chissà da quanti anni attendeva...
Passano i momenti, gli attimi, le ore, i giorni, gli anni [l'affollamento sarà costante, enorme, progressivo, inarrestabile, accumulante, e si raggiungerà il livello di saturazione, il punto di rottura: gli Others sono amenabariani, non sono stati invitati a entrare, come invece lo fu l'incandescente diavolo al neon di “Post Tenebras Lux”, e l'ospite pian piano impara a controllare l'energia (l'elettricità) e la materia (gli oggetti), per potersi dedicare in pieno al proprio scavo archeologico, aggirandosi centripeto nel paesaggio che muta forma e sostanza in territori liminali per composizione d'ambiente a “Tre Giorni”, “Few of Us” e “the House” del già citato regista lituano] - nella kubrickiana camera rococò, nell'OverLook (sempiterni massacri reiterati, amerindi ↔ e/o ↔ colonizzatori), nel perdersi ramingo nella città di Hue / Ho Chi Min City, appena fuori Londra -, e poi, le ere (il nome segreto del capolavoro sessantottino è “2001: a SpaceTime Odyssey”).
Perduto amore, anima mia / amore Nona Sinfonia
vorrei sapere come stai / se come scrivi è tutto ok
e se davvero ora lo sai / che sono diventato un mostro:
colpa tua...
...mi vedo lottare / come mosca nel bicchiere
eppure Dio, lo lascio fare.
Certi inverni freddi, certi guai, mi fan paura,
prego nel restare ancora qui, mi illudo ancora.
La morte non esiste più...
La vita non uccide più...
Ad un certo punto, quando la disperanza (sempre ammantata da ricami di comico puro, radicale, elementare, essenziale) sta per prevalere, ecco che le vignettature (ancora, un intervento reygadasiano voluto/involuto/non voluto, ma sempre in zona PTL) s'affacciano nel (ri)quadr(at)o polaroid-hasselbladiano dello schermo, agli angoli: poi, dal corpo del grattacielo verso quello dirimpetto (echi, durante la costruzione dell'edificio e della sequenza, della trilogia qatsi di Godfrey Reggio), il lento zoom in avanti (altrove, nel film, invece si sono utilizzati dgli impercettibili carrelli) le risucchia verso l'esterno, le espelle dal fotogramma.
A 4/5 di film, poi, la soluzione si rivela agli occhi e alle orecchie dello spettatore più attento: voci lontane, sempre presenti.
«“Safe, safe, safe,” the pulse of the house beat softly. “The treasure buried; the room...” the pulse stopped short. Oh, was that the buried treasure?”»
Virginia Woolf, “A Haunted House”, 1921
Musiche di Daniel Hart & Dark Rooms (“I Get OverWhelmed”), con un'incursione/cameo di Kesha (che balla e, scrivendo con altri “Last One” e lasciando la performance alle Stereo Jene, ci fa danzare), e inserti di Andrew Tinker (“Pandelbra”) e Ludovico Van (un accenno di cosmica Nona Sinfonia esistenzialista contenuto nel magnifico assolo di Will Oldham ("Old Joy" di Kelly Reichardt), aka Bonnie "Prince" Billy).
Home Movie: la persistenza del ricordo.
«“Safe, safe, safe,” the pulse of the house beat gladly. “The Treasure yours.”» - Virginia Woolf, op. cit.
Il precipitante abbandonarsi alla gravità del fantasma generato dall'amore e concretizzato dall'immaginazione genera uno spostamento sull'asse temporale ma non lungo le tre dimensioni spaziali: viaggia nel tempo ma non si muove nello spazio (è una rappresentazione distorta, “artistica”, di un concetto speculativo Hard SF, o, al cap'opposto, perché no, Fantasy), prova ad ingannare il tempo che tutto divora mettendo -- tra un periodo di stasi ed uno di diapausa: stacchi netti di montaggio, ellissi: ciò che di più innaturale esiste al mondo, una follia: la gente impazzirebbe ("Strange Continuity" by Aeon.com) se le forbici del regista agissero sulla vita reale, lo spaesamento sarebbe letale: fortunato lo spettatore, ch'è solo un film! -- dei picchetti e delle pietre miliari, delle briciole di pane e dei sassolini, dei segni e dei segnali -[sino all'ultimo, il woolfiano tesoro sepolto ("A piece of me there waiting"), nato durante il percorso d'addio di lei a lui, la ragione di tutto il resistere, il consistere ed il manifestarsi della presenza ectoplasmatica di lino e cotone, custodito in un'intercapedine tra un muro e una porta, il cui significante sarà evidente ed intelligibile, ma preserverà invece il proprio significato che rimarrà segreto sino alla fine compresa, protetto (oltre la propria morte e...
...l'estinzione della memoria) e salvaguardato (l'entrata della caverna sacra ripresa riflessa in una goccia d'acqua da Werner Herzog in “the White Diamond”) dal non-controcampo dell'estremo, esaustivo, terminale espletarsi dello sguardo impossibile dello spettro verso il messaggio nella bottiglia]- lungo il proprio percorso immobile d'attesa sragionante e di ricerca costitutiva, ed utilizzare questo know-how basico per riavvolgerlo, ripristinarlo, e riviverlo, creando una minuscola cosmo(a)gonia personale, un universo in miniatura incistato nell'universo stesso.
E rivederla volersene andare.
Evaporando, una volta svelato il segreto.
“What time is it?”
La forza del Cinema? Si. E no: la forza del Racconto.
"A Short History of America" di Robert Crumb (1979).
E “Here” (il suo eternare la vita, la sua - letteralmente - contemporaneità diegetica ed intrinseca) di Richard McGuire (1989, e poi 2014), la sua diretta conseguenza ed evoluzione: ecco dove (spoiler: finché si è vivi non si è morti) l'avevo messo, lasciato, perso, dimenticato!
Proprio qui. Nel tempo.
"Ogni storia d'amore è una storia di fantasmi." - DFW, the Pale King.
* * * ¾ - 7½
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bellissimo, l'ho visto ieri notte, e bellissima recensione :)
l'archetipo fantasma col lenzuolo è un'idea geniale, oggi poi che siamo sommersi dagli effetti speciali all'avanguardia, e la cosa magnifica è che il fantasma è credibilissimo, perfetta fusione tra essenza eterea e sostanza che crea un cortocircuito interessante ed intrigante con la realtà ontologica in cui si muove (prendi per esempio quando il lenzuolo ectoplasmatico accarezza l'erba nel suo ritorno a casa); credo che il suo utilizzo renda benissimo l'idea di ritrarre un evento universale che da sempre accompagna il cammino umano permettendogli di non dargli un collocazione temporale ben precisa e circoscritta, nonostante ci rendiamo conto che l'avvenimento postmortem riguarda la contemporaneità, scelta supportata anche dall'aver preferito un formato di pellicola che ci rimanda ai filmini domestici in super 8 (epurati dei classici graffi e imperfezioni varie) e quindi anche un pò alla nostra infanzia (come del resto è proprio l'immagine del fantasma lenzuolo); per me è una scelta coraggiosa ma anche la più giusta, in linea con l'idea alla base del film, con il racconto che si snoda magnificamente, con l'utilizzo della luce, un vero prodigio, con il senso complessivo di questo piccolo immenso film che nn credo troverà mai la strada della sala, almeno qui da noi; al di là dei netti stacchi di montaggio da un contesto all'altro (indietro o avanti nel tempo, nella storia) ho trovato sublime il montaggio 'invisibile' che rende graficamente l'idea del flusso inarrestabile del tempo e in particolare la percezione del tempo da parte del povero fantasma (un pò come in Malick a visualizzare il flusso di coscienza)... e vogliamo parlare del delizioso collega della finestra di fronte con il lenzuolo dai fiorellini rosa? chissà da quanto tempo aspettava chi non è più ritornato fino a perderne il ricordo... e la splendida ricerca della sua essenza-esistenza tutta racchiusa in un pezzettino di carta tra il muro e la porta? anche per me dolorosamente bello il momento della torta divorata "bulimicamente" e poi rigettata, si sente netto e distinto il rumore della forchetta nel piatto e tra i denti.... poi per le lunghe sequenze girate con il solo accompagnamento della musica, indovinatissima, per la loro dinamicità interna ed essenzialità mi è sembrato di guardare un lungo videoclip, di quelli che fanno la storia; un gioiello, semplice e struggente che tutti dovrebbero vedere. Comunque recupererò quanto prima Niente santi in paradiso, a questo punto la curiosità cresce.....
un saluto, a presto :)
e certamente la circolarità del tempo che rimanda ad Arrival (l'ho pensato anch'io...)
Ciao Antonella, grazie, soprattutto per la bella integrazione.
Concordo.
L'hanno fatto veramente con "quattro soldi" (poi, tutto è relativo, eh, ma lo specifico solo per le oche giulive, noi ci siam capiti).
Le licenze poetiche - si pensi all'intervento dei sottotitoli atti a tradurre il linguaggio "altro" - le trovo ben utilizzate ed inserite (fa volare stoviglie e soprammobili che Haley Joel Osment e Nicole Kidman je fanno 'na pippa, ma poi ci mette lustri per grattar via 'na crosta di vernice).
Fotografia "Rosy-Fingered Dawn" style, e montaggio ricco di ellissi nette ma soft: i tagli, le resecazioni e i troncamenti non violenti che t'immergono nel flusso/scorrer del tempo.
Struggenti, le "parole" del collega/vicino di Zona/Casa, "pronunciate" prima di...: "I don't think they're coming".
E poi, si: la sala gli farebbe proprio bene a 'sto film! ;-) + :-/
Un caro saluto.
Per ora salto la lettura (mi sono un pochino soffermato sulle immagini ... colpa tua) perché vorrei vederlo a breve (non mi risulta esserci distribuzione in Italia): il titolo l'avevo già segnato da un po'. Anche perché avevo apprezzato la liricità e la forza romantica, a tratti elegiaca, di quel western sospeso nel tempo che era l'opera precedente, Ain't Them Bodies Santies (ma Rooney Mara e Casey Affleck qualche santo in paradiso dovranno averlo ...). Ciao.
...pur non essendo degli stinchi di santo.
Ciao Greg.
Prima di essere giustamente crocifisso in sala mensa preciso che le immagini inserite sono pescate nei primi 3/5 di film, tranne una..che però risulta “indecifrabile” e non contestualizzabile, mentre le eventuali malefiche anticipazioni presenti nel testo sono “camuffate”, allusive. Cmq il simbolo “!” di Attenzione Spoiler lo aggiungo, che è meglio...
“Ain't Them Bodies Santies” lo recupererò senz'altro (non ne hai scritto, però, qui sul sito), e ci proverò anche con “St. Nick”, in attesa di “the Old Man and the Gun”.
Per quando (e se) vedrai questo AGS mi attendo un tuo parere. Ciao.
Appena visto, targato Campobasso, lode al Molise. E lode a te (e, mi pare di capire, anche e soprattutto a @MarcelloDelCampo) per avermi fatto scoprire uno sconosciuto che pare possedere il talento dei più grandi. A tratti quasi disturbato dall'inquadratura alla Ozu a tutti i costi (il quadrato nel rettangolo nel quadrato nel rettangolo, apice raggiunto abbassando la mdp a 50cm nella scena della torta salata che hai ben ricordato) e dagli espliciti richiami a Miyazaki (il fantasmone silente alto due metri, d'altronde se la morte sublima nulla di più facile che possa aggiungere centimetri), Haneke, Malick, Kubrick, persino John Lasseter, alla fine ho invece goduto appieno di quello che, a narrazione ultimata, diventa stile personale, che attinge e s'ispira agli immortali certo, ma con rara umiltà e sconcertante bravura. Ora mi fiondo su Ain't Them Bodies Saints. Un grazie di cuore. Ciao!
Ok, ci ho messo più del lecito a capire la prima battuta (per un attimo ho pure pensato: "Vuoi dire che è uscito dalle parti di Isernia?"), ma poi lo sguardo bovino s'è illuminato di un sorriso e ci sono arrivato. Eh, si, purtroppo, l'alternativa quella è, e se la sala o l'home-video non si svegliano...tutte le strade portano a CampoBasso.
Grazie del bel commento @karugnin, con cui concordo (Ozu) in pieno [solo una cosa: del riferimento a Miyazaki ne avevo letto in giro...e, sinceramente, non mi sarebbe, mai, venuto in mente: troppo diversa - vado a memoria - la loro "essenza": per le somiglianze strutturali e le analogie concettuali legate al "carattere" e al retroterra delle due figure qui prese in esame e comparate dovrei rivedermi il film con protagonista Chihiro, però certo è che per quanto riguarda le affinità figurative e le similitudini dell'atteggiamento e delle (non) movenze...il parallelo è d'obbligo].
PS. "Soprattutto". Cioè, quello nun c'ha voglia di scrivere, m'o faffare ammè, e grazie "soprattutto" allui? Mavafangulo, va'! ;-))
Un carissimo saluto, Gio', a presto.
Hehehe, hai ragione, l'avverbio è immeritato, per lui, e ingiusto, per te. Lo toglierei ma poi perderebbe senso il tuo divertente post scriptum :):):)
Cmq. una volt'all'anno, io, glielo chiedo, di tornare a buttar giù qualche riga. Lui, una volt'all'anno, mi ci manda, e siam tutti contenti ;-)
sul film non dico nulla se non quello scritto nei "commenti brevi", perché hai già detto tutto.
una nota sui costi: non è la prima volta che non so quanto credere agli "estimated budgets" al ribasso che appaiono su IMDB...certe volte sembra che li buttino lì a caso, giusto per riempire la casella vuota.
in altre parole, perché negli iper-sindacalizzati USA un film costi 100mila dollari vuol dire che TUTTI hanno lavorato praticamente gratis (compresi Casey & Rooney), che la colonna sonora gliel'hanno regalata (in un Paese dove vige il buyout, ovvero il "ti dò tutti i soldi subito a prescindere dal successo o meno del film...e non mi venire a parlare di royalties dopo"), che la demolizione è stata concordata con una impresa di demolizioni che doveva proprio buttar giù quelle case lì mentre giravano, che i CGI o comunque trucchi vari anche questi sono stati fatti da associazioni di beneficenza, ecc., ecc....il perché mi piacerebbe chiederglielo...sarà che Lowery è al contempo molto simpatico e/o estremamente persuasivo...;-)
ma anche fosse, comunque resta la domanda: anche la stampa delle copie gliela regalano?
Ciao Gio. Letto. Per quanto riguarda l'influenza miyazakiana, vale quant'ho scritto in risposta all'amico @karugnin. L'anticlimaticità (deriv., sic) che sfiora il e sfora nel "ridicolo", come detto, trovo lo faccia consapevolmente e scopertamente. Insomma, quel ch'è il concetto formale portante del film, per (con) me (ha) funziona(to).
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Venendo alla questione principale, i piccioli, la cosa ha reso scettico anche me. Dal link alla lunga intervista che ho segnalata nel pezzo sembra di capire (un generico "with the help") che sia Affleck sia Mara, per non parlar di Kesha e quindi, a cascata, Hart, abbiano lavorato pro bono, o in eventuale vista di ritorni economici futuri (2 mln d'incasso lordo). I 100 mila dollari ("stimati", esatto) della fonte "wiki-imdb" non so se comprendano pure le spese di stampa e distribuzione delle pizze e/o chiavette usb sottobraccio port'a porta cinema per cinema, di certo non tutti i pur pochi effetti speciali (i set invece a naso penso siano reali, con pochi interventi, e per il cantiere avrà chiesto a un amico di un amico di Tony Soprano le chiavi...). Ma hai perfettamente ragione, la questione merita un approfondimento (attendo per ora a modificare il testo in attesa del ritorno dei segugi sguinzagliati...aggratise, s'intende).
PS. C'è poi da considerare il fatto che, a film fatto e finito (grazie solo ai più o meno 100mila $), A24 ha investito molto nella distribuzione/promozione...ma certo è difficile pensare questo possa essere stato un aiuto calato dal cielo solo dopo aver visto il film e averlo di conseguenza considerato degno di un notevole impegno pubblicitario. Probabile che un pre-accordo sia stato stipulato (se, chissà, forse), a tutela di tutte le parti, ma non conoscendo leggi e norme fiscali del caso (mantenere un costo basso per accedere a sgravi sulle imposte successivi...) non azzarderei altre ipotesi che, se pur dettate da un minimo di logica e buon senso, rischierebbero di non adereire alla realtà dei fatti.
- https://a24films.com/films
- http://www.adweek.com/brand-marketing/inside-a-ghost-store-a24s-strange-moving-immersive-promotion-for-a-ghost-story/
I due link qui sopra sono ora raggiungibili anche dalla recensione, il 2° cliccando sulla foto "Marketing"... ;-)
tutto quello che vuoi Matteo, ma sta di fatto che 100mila $ (specie negli USA, non in Transnistria) sono quasi una NON cifra....a causa della mia professione almeno una ventina di produzioni cinematografiche le ho seguite da vicino, facenti capo a un po' di Paesi (Italia, Svizzera, Brasile, inghilterra, Algeria, Senegal, USA, Francia, India) per piccolissime, piccole e medie produzioni...quelle poche volte che sono state sotto alla cifra in questione erano produzioni veramente ridotte all'osso, in termini di mezzi e TEMPO (ogni settimana in più di riprese è un autentico salasso, proporzionalmente al numero di partecipanti alla troupe).
la mia osservazione iniziale deriva dal fatto che ho notato che ogni tanto si scrivono e dicono cifre non vere o poco plausibili, un po' per fare quello che a Milano si dice i "fighetti". ;-)
poi, se tutti hanno lavorato aggratis, hanno girato pochi giorni con una troupe essenziale, la distribuzione ci ha investito molto...bravi!!
il sospetto di una ostentazione, basata su una palese edulcorazione dei costi, del "guarda quanto siamo poveri ma virtuosi" rimane.
è proprio il vocabolo "estimated" su IMDB che non mi convince per niente.
un caro saluto
Sia chiaro, i tuoi dubbi sono i miei, Giovanni. Ho allargato il discorso alla post-produzione (distribuzione) per cercare di dare un senso a quella cifra "estimated" che rimane di difficile accettazione e proprio perché di dati grezzi da fonti primarie e reali sulla produzione "pura" - mosso dalla tua giustissima osservazione - non li ho trovati! ;-))
Da questo PdV il pezzo di Collider è quello - se il mio inglese maccheronico/polentonico non m'ha tradito - quello più interessante:
- http://www.vulture.com/2017/07/a-ghost-story-director-david-lowery-interview.html
- https://www.theguardian.com/film/2017/aug/09/a-ghost-story-interview-david-lowery-casey-affleck-rooney-mara-pie
- http://collider.com/david-lowery-a-ghost-story-interview/#budget
Un saluto!
"A Ghost Writer Story" (©@Tangolino) : http://archive.is/yFren
Trailer italiano di "Here" by Zemeckis & Roth: sembra più potabile del previsto.
https://www.youtube.com/watch?v=BZYda6xV5A0
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