Regia di Scott Cooper vedi scheda film
Negli Stati Uniti di fine '800, Blocker, un capitano dell'esercito, veterano delle guerre indiane, riceve dal suo superiore l'incarico di accompagnare un capo indiano gravemente malato nell'ultimo viaggio verso la sua terra d'origine, nell'ottica di un percorso di riconciliazione voluto dalla politica presidenziale. Si tratta di un'operazione di pura propaganda, che risulta sgradita al capitano in quanto il capo indiano che deve scortare, Falco Giallo, è stato un suo avversario negli anni dei conflitti. Nonostante ciò, il viaggio inizia. Le cose saranno complicate da ulteriori incontri - in particolare quello con l'unica superstite di una famiglia sterminata dai Comanches - i quali, nel corso del tragitto, lungo e pericoloso, cambieranno il idee e prospettive dei personaggi, influenzandone i rapporti reciproci. L'odio che il protagonista dimostra nelle battute iniziali per gli indiani, in particolare per Cane Giallo, avversario spietato e sanguinario, non trova infatti ragion d'essere; anzi, allo spettatore viene spiegato come il militare non sia una persona migliore dell'anziano capo. Anch'egli ha sparso sangue, ma ha avuto la sorte di trovarsi dalla parte dei vincitori. Dall'altra parte - quella di Falco Giallo e della sua famiglia - non trova altro che saggezza e rassegnazione; i nativi americani paiono consapevoli del loro destino e non mostrano alcun sentimento di odio verso le persone dei loro carcerieri, benchè la Storia ci insegna che si trovavano dalla parte dei "giusti". La co-protagonista femminile, che ha perso la famiglia a causa dell'azione di alcuni indiani, e viene accolta nel gruppo inizialmente mostra ostilità verso Falco Giallo e la sua famglia. Il rapporto che nasce tra i tre personaggi li porta a conoscersi, comprendersi e ampliare i loro orizzonti; i due bianchi imparano quali errori - ed orrori - possono nascere dall'incomprensione e dall'odio immotivato, connotati dietro i quali si nascondo egoismi, avidità, ignoranza. Teatro della vicenda è un West "tardo", ormai non più selvaggio, simbolo di un mondo cambiato, che non ha più spazio per i suoi "eroi" - pionieri, capi indiani, soldati e uomini d'azione in genere; il loro agire e scontrarsi appare futile, le loro morti inutili, addirittura dannose, in quanto spese per generare un mondo nel quale l'interesse economico prevale sugli altri valori, e le coscienze si formano lontano dalla realtà, nei palazzi della politica e nei salotti buoni. Il film ha un ritmo molto lento; raccontando percorsi interiori, il regista cura molto i dialoghi, gli sguardi, e, in genere, il rapporto tra i personaggi, mentre l'azione è relegata in secondo piano ed assolutamente funzionale alle esigenze della trama. Nella norma la recitazione; ho apprezzato particolarmente Rosamund Pike nei panni della madre e moglie rimasta sola. Lei più di tutti dovrebbe provare odio verso gli indiani, eppure, dopo un primo momento di follìa, si mostra capace di evitare facili generalizzazioni. Un buon western, drammatico e in grado di affrontare tematiche sempre attuali sulla comprensione reciproca e la futilità dell'odio.
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