Regia di Scott Cooper vedi scheda film
Dare lezioni di accoglienza, tolleranza e apertura mentale è una cosa, mettere in pratica i buoni propositi nel momento opportuno richiede un passo successivo, tutt’altro che scontato. In questo caso, entrano in gioco molteplici fattori, emergono pregiudizi – anche argomentati - sedimentati nel corso del tempo e può tornare utile un aiuto esterno. Anche imposto coattamente, come una convivenza non desiderata, un periodo che obblighi gli individui a conoscersi, affrontando insieme le asperità che rendono impervio il cammino.
Come annunciato a chiare lettere dal titolo, Hostiles presenta un panorama umano desolante e selvaggio, raccontando una storia di sangue, dolore e trapasso ambientata oltre cento anni fa, utile alla rilettura della dilagante ostilità insita nell’essere umano, che negli ultimi anni sembrerebbe conoscere una fase crescente.
Nel 1892 il blasonato capitano dell’esercito Joseph Blocker (Christian Bale) è obbligato dai suoi superiori a scortare il sanguinario capo Cheyenne Falco Giallo (Wes Study), ormai malato terminale, nel suo territorio nativo. Poco dopo essere partiti per quello che si preannuncia essere un lungo viaggio, soccorrono Rosalie (Rosamund Pike), una donna sconvolta dal massacro della sua famiglia, avvenuto per mano di un gruppo di Comanche. Un segnale che fa intuire - una volta di più - a Joseph e ai suoi uomini i rischi che possono frapporsi sulla loro strada.
Scott Cooper è un regista eclettico, che denota una buona conoscenza del mezzo cinematografico e Hostiles non è altro che un ulteriore tassello di un percorso che, cambiando anche radicalmente scenario, non inventa mai nulla, essendo comunque in grado di sciorinare un racconto consapevole delle nervature da stimolare.
In questa circostanza, primeggia una terra abbondata da Dio, nella quale la violenza la fa da padrona e l’uomo è portato a una brutalità eletta a legge di sopravvivenza, con una cattiveria che però va ben oltre. Non è questione di distinguere i buoni dai cattivi, infatti, chi ha il coltello dalla parte del manico agisce di conseguenza, mentre chi è relegato in una condizione subordinata, può salvarsi esclusivamente utilizzando lo stesso criterio.
Questi conflitti, che dalle (poche) parole passano direttamente ai fatti (imbrattati di sangue e piombo), si sviluppano all’interno di paesaggi naturali valorizzati da uno sguardo contemplativo, che favorisce l’introspezione di anime segnate dal dolore, più o meno recente che sia, in ogni caso sempre indelebile, offrendo un vibrante rapporto tra l’uomo e lo spazio in cui agisce.
Consequenzialmente, i personaggi assumono una portata rimarchevole e gli interpreti assolvono un compito essenziale, aspetto che il cinema di Scott Cooper ha sempre coltivato (l’indimenticabile Jeff Bridges in Crazy heart, il vendicativo Christian Bale in Il fuoco della vendetta e un mimeticamente glaciale Johnny Depp in Black mass). Christian Bale ha le spalle sufficientemente marmoree per sostenere un personaggio complesso, trasmettere pulsioni accese senza dilagare e promuovere la difficoltà di abbracciare con facilità un sentimento puro a portata di mano, Rosamund Pike è encomiabile per dedizione ed eleganza, soggetta alla massima espressione del dolore che arriva a infettare la ragione, mentre è sempre un piacere incontrare la solennità di Wes Studi (L’ultimo dei Mohicani, Geronimo).
Comprendendo un finale fin troppo protratto, fino a divenire prevedibile per quanto impaginato con una misura classicheggiante, Hostiles vanta una disposizione composta, pur con qualche imprecisione (lo script è pulito ma non roccioso, con alcune transizioni che non valorizzano appieno i cambiamenti degli stati d’animo), contemplando odio e perdono, pietà e violenza bieca, scogli da superare in un processo che rimescola le nozioni deterministiche: chiunque deve essere capace di cambiare opinione quando i fatti spingono a farlo.
Grammaticalmente accademico, ma anche in grado di mettere in luce il nocciolo, rilasciando una riflessione su chi siamo e cosa potremmo essere.
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