Regia di Don Siegel vedi scheda film
In complesso è riuscito, però è inferiore ad altri film di Siegel. La parte centrale mi pare soffra di una certa debolezza, tanto che in alcuni momenti pare di vedere un telefilm. La parte finale, invece, riguadagna ritmo e solidità. Lo sceneggiatore di Abraham Polonsky rinuncia stranamente ai temi tipici della sinistra americana, e, ancora più stranamente, scrive per un regista un po' di destra come Siegel. Un certo discorso sul razzismo è individuabile nel pastore nero che vuole togliere il figlio dai suoi guai con la polizia. Però è un personaggio ambiguo perché, se da una parte si lamenta del razzismo di molti americani, è patetico quando difende un figlio scapestrato e viziato, che se gli impicci se li è meritati. Il personaggio del ricercato è odioso, e credo al di là di ogni simpatia.
In ogni caso, per essere un film di Don Siegel, c'è pochissima violenza, non è crudo, e non fa stringere lo stomaco come “Contratto per uccidere” (1964).
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