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Suburbicon

Regia di George Clooney vedi scheda film

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La recensione su Suburbicon

di mm40
5 stelle

Una donna in sedia a rotelle dopo un’incidente. Una sorella gemella. Un marito (della prima) amante della seconda. Un piano diabolico per eliminare l’handicappata e un bambino, il figlio della coppia, che è l’unico ad avere capito tutto.

Sulla sceneggiatura le firme sono quelle dei fratelli Coen, di George Clooney e di Grant Heslov (co-produttore dell’opera con Clooney, che ne è il regista); non v’è alcun dubbio, alla visione di Suburbicon, sul fatto che si tratti di un film di Joel & Ethan: atmosfere, toni, battute e caratteri dei personaggi sono assolutamente 100% Coen e il retrogusto agrodolce critico eppure nostalgico di un’America ottimista, perbenista, al di sopra di ogni sospetto è effettivamente farina del sacco dei fratelli già autori di lavori contenutisticamente simili (Fargo, Non è un paese per vecchi). Ciò che lascia maggiormente perplessi del lavoro è quel finale posticcio, totalmente privo di poesia nella sua forzata surrealtà, evidentemente responsabile di una scrittura a ritroso di tutta la trama, in funzione di tale polemica chiusura. Suburbicon vuole essere un inno alla tolleranza e un invito a controllare meglio la trave nei propri occhi, prima di additare la pagliuzza in quelli altrui; poco di nuovo, certo, ma raccontato con gusto e con un cast impeccabile, che vede in prima linea un odioso (e perciò bravissimo) Matt Damon, una non meno perfida Julianne Moore, nelle sequenze iniziali sdoppiata in due ruoli, il piccolo Noah Jupe e Oscar Isaac in una parte breve, ma incisiva. E proprio il suo personaggio è quello che desta maggiori perplessità in termini di logica: inopportuna la sua insistenza, insensato il suo comportamento, come servisse soltanto a creare il successivo snodo narrativo. Al di là di queste pecche, comunque non minime, Suburbicon rimane spettacolo gradevole e, specie nella seconda parte, accattivante. 5,5/10.

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