Regia di Philippe Garrel vedi scheda film
Ha ancora senso fare un film "Nouvelle Vague" ai tempi nostri? I telefoni detti "cellulari" sono compatibili con il bianco e nero? Philippe Garrel realizza una piccola opera, fedele ai canoni di un'esperienza forse irripetibile.
E’ possibile, a decenni di distanza, realizzare un film in stile “Nouvelle Vague”? Non so se questa fosse l’intenzione di Philippe Garrel, ma è certamente l’aspetto che maggiormente mi ha colpito seguendo le vicende umane e sentimentali dei tre protagonisti, una giovane donna, il padre della stessa e la sua nuova compagna, coetanea della figlia. Il film è piuttosto breve, il bianco e nero molto pulito, non vi sono scene d’azione, i dialoghi sono semplici e ben scritti. E’ un cinema che rievoca ora il Truffaut della saga Antoine Doinel, ora alcuni personaggi d’ispirazione godardiana, fino ad alcune riflessioni degne del magnifico “La maman et la putain” (1973) di Jean Eustache. Fin qui gli aspetti più positivi. Ciò nonostante, il film non è riuscito a coinvolgermi più di tanto e meno che mai mi ha consentito di dare una risposta alla domanda iniziale. La scelta degli attori è certamente indovinata e il ritmo narrativo regge senza intoppi a dispetto della forse eccessiva assenza di movimento nel susseguirsi delle scene. Quel che manca, a parer mio, è uno scatto, un qualche imprevisto che sembra annunciarsi, ma non si verifica mai. Persino il finale appare “soltanto” logico, è tranquillo e semplicemente conseguente a quanto è stato raccontato fin lì. Cosa ho provato al termine della visione? La sensazione di un’occasione mancata congiuntamente a quella di non aver perso tempo, non fosse che per le ottime interpretazioni di Eric Caravaca, Esther Garrel (figlia del regista) e Louise Chevillotte.
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