Regia di Carlo Vanzina vedi scheda film
Fra le tante tipologie di vacanze che gli italiani si concedono, non poteva certo mancare alle statistiche vanziniane quella per motivi di gioco (d'azzardo) che porta i nostri connazionali a riversare fiumi di soldi sui tavoli del casinò di Montecarlo. Figuriamoci poi nel 1987 come dovesse essere avvertito il fenomeno: una nazione convinta di essere in pieno boom economico, fomentato dalla tronfia vacuità degli anni '80. Considerando la proverbiale leggerezza dei figli (immeritati) di Steno, ci sono tutti gli ingredienti per creare il contesto adatto alla nascita di un film simile: il vuoto assoluto, battutine risibili, attori già in fase di riciclo del repertorio (Boldi e De Sica) o prestati dalla tv (Beruschi, Greggio), Paolo Rossi pesce fuor d'acqua e Philippe Leroy guest star presumibilmente pagata a peso d'oro. Di sicuro non è il fondo del repertorio dei fratellacci: la volgarità - pur presente, e ci mancherebbe altro - è meno pesante del solito, qualche risatina si riesce anche a strappare. Ma è comunque l'ennesimo film inutile licenziato dai Vanzina, che non rappresenta l'Italia in alcun modo, anzi fa polpette degli stereotipi più risaputi (tanto per gradire: il cummenda, Guido Nicheli, che sulla barchètta se ne torna 'al business' in quel di Milano. In barca); la cosa non desterebbe più di tante perplessità, se i fratellacci non si arrogassero il merito di avere raccontato nelle loro squallide farse vizi e virtù del Paese. 3/10.
Montecarlo, gran casinò: vicende di italiani di passaggio, chi vince e chi perde, chi si arricchisce e chi fallisce, chi nemmeno voleva giocare ma finisce per rovinarsi al tavolo verde...
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