Regia di Michael Curtiz vedi scheda film
Su Casablanca c’è poco altro da dire ancora più di ciò che è stato scritto in settant’anni di amorosi ragionamenti. Tuttavia, il fatto che continui a raccogliere un costante consenso soprattutto di pubblico nonostante tutto il tempo trascorso, suscita una riflessione che va al di là della sua effettiva rilevanza artistica e tecnica e che ha a che fare, questo film più che mai, con la ricezione. E più che citare il repertorio di riferimenti, citazioni, evocazioni di cui s’è alimentato il cinema che è venuto dopo, potremmo risolvere la pur vastissima questione con una parola: nostalgia. Certamente: Casablanca è l’esempio emblematico della nostalgia nei confronti della Hollywood classica, la sua capacità di tematizzare la guerra nell’ambito del melodramma, l’esotismo dell’ambientazione contemporanea e il romanticismo del passato indimenticato, l’abilità di un regista esperto e prolifico, la musica malinconica e via discorrendo.
Tutto vero. Ma Casablanca è anche l’esempio di quella che potremmo chiamare “nostalgia allo specchio”: lo spettatore d’ogni epoca e latitudine è teso naturalmente all’empatia coi protagonisti: «avremo sempre Parigi» come simbolo di un amore personale e collettivo legato ad un passato che non potrà più essere presente ma solo ricordo nel futuro e «suona, Sam, suona Mentre il tempo passa» il suggello di questo eterno “dolore del ritorno” al passato che può essere solo disperatamente celebrato ma non rivissuto. E così il film continuerà a devastare felicemente lo spettatore per la semplice ragione che Rick e Ilsa sono stilizzazioni realistiche e comunque immaginifiche della nostra esperienza sentimentale. Questo è cinema, signori: il cinema che non finisce mai.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta