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Casablanca

Regia di Michael Curtiz vedi scheda film

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La recensione su Casablanca

di vermeverde
8 stelle

Casablanca, girato nel 1943 dal regista Michael Curtiz, è stato uno dei film (se non il film) di maggiore e duraturo successo nella storia del cinema: viene spontaneo chiedermi come mai lo sia, pur non avendo la forza o la profondità di un capolavoro. È una delle opere che hanno contribuito a caratterizzare il prodotto medio hollywoodiano ed è un caso, apparentemente paradossale, in cui il totale è superiore alla somma delle parti. È significativo anche il fatto che la visione sia scorrevole e la narrazione coerente nonostante la realizzazione sia stata almeno in parte improvvisata: la sceneggiatura e i dialoghi sono stati modificati e adattati durante le riprese, sembra addirittura giorno per giorno, le allusioni alla relazione extraconiugale dei protagonisti ed il finale (rimasto indeterminato fino alla fine delle riprese) sono stati indirizzati dalla censura, gli attori erano di molteplici estrazioni e provenienze, ecc.

La confezione esteriore del film è ben curata, anche senza essere particolarmente innovativa o presentare una spiccata individualità: la regia di Curtiz è attenta e riesce a narrare per immagini caratterizzando personaggi e situazioni, i dialoghi stringati, il montaggio fluido permette una visione scorrevole, la canzone “As time goes by” è una delle più celebri nella storia del cinema, la splendida fotografia in b/n è del grande Arthur Edeson, uno dei fondatori della A.S.C. (American Society of Cinematographers).

La trama, notissima, è l’aggregazione di due componenti narrative: una è l’opposizione al nazismo sostenuta dal governo fantoccio di Vichy da parte di esuli perseguitati, l’altra è la storia d’amore di Rick per Ilsa, combattuta tra lui e il marito Laszlo. Sono temi non originali, spesso sfruttati (anche la famosa scena della Marsigliese è una citazione ripresa da La grande illusione di Jean Renoir), ma è proprio la loro popolarità uno dei punti di forza del film: gli autori danno al pubblico quello che si aspetta di vedere, esponendo con sfacciata sincerità luoghi comuni (e perciò condivisi) ed abbandonandosi consapevolmente al sentimentalismo, senza però scendere a stucchevoli languori o cadere nel kitsch. In sostanza, è un riuscito amalgama fra gli interessi dell’industria, le istanze politiche dell’epoca e i desideri degli spettatori, in cui i cliché assurgono al rango di archetipi, rasentando il sublime.

Altro punto di forza è l’ottima prova di un cast veramente stellare con attori che ben rappresentano il microcosmo del Cafè Rick’s; tutti bravi, ma fra questi spiccano l’iconico Humphrey Bogart, un Rick dal passato oscuro, amaro e disincantato, dai modi spicci ma capace di un forte sentimento per Ilsa (resa con intensa sensibilità dalla giovane e splendida Ingrid Bergman) attivo oppositore dei nazisti (nella vita reale fu un autentico liberale: fra l’altro organizzò una protesta contri il maccartismo), il grande attore tedesco, esule antinazista; Conrad Veidt (già straordinario protagonista dell’espressionismo) che impersona il maggiore Strasser riuscendo a rendere odiosa la spocchiosa crudeltà con calcolata ma efficace misura; l’inglese Claude Rains che dà vita al capitano Renault, cinico e gaudente ma che sceglie di stare dalla parte “giusta”; Peter Lorre che rende tormentato il faccendiere Ugarte; Paul Henreid il severo Laszlo, marito di Ilsa, perseguitato dai nazisti; Sidney Greenstreet il concorrente di Rick Ferraq (nell’originale Ferrari); S.Z. Szakall il bonario ma deciso antinazista Carl, capo dei camerieri di Rick.

L’antinazismo sinceramente espresso nel film è dovuto anche alla ascendenza ebraica di buon numero dei realizzatori del film, fra i quali cito il produttore Jack Warner (Jacob Wonskolaser), figlio di ebrei polacchi come il produttore esecutivo Hal Wallis (Aaron Blum Wolowicz), il regista di origine ungherese Michael Curtiz (Mano Kaminer poi Mihaly Kertesz), il musicista Max Steiner autore della colonna sonora, gli attori Peter Lorre (Laszlo Loewenstein, nato in Slovacchia quando era parte del Regno d’Ungheria), S.Z. (Sz?ke) Sakall (Ger? Jan?, di origine ungherese), Marcel Dalio (Moshe Blauschild), il croupier di Rick, Paul Henreid il cui padre Carl Hirsch cambiò il nome in von Henreid quando si convertì al cristianesimo, Ingrid Bergman la cui madre era l’ebrea tedesca Frieda Adler.

Per concludere, trovo il film tuttora di piacevole e intrigante visione nonostante le particolari e occasionali circostanze della sua realizzazione.

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