Regia di Martin McDonagh vedi scheda film
Una sceneggiatura perfetta che riesce nel contempo a interessare lo spettatore alla ricerca del colpevole dell’odioso crimine, divertirlo con il suo umorismo nero e tagliente, commuoverlo con l’empatia verso l'umanità dei suoi personaggi, sconvolgerlo con terrificanti esplosioni di violenza, farlo riflettere sulla società e sulla natura umana.
La apparentemente sonnacchiosa cittadina di Ebbing, persa nelle campagne del Missouri, si sveglia una mattina scossa da un deflagrante atto d’accusa, squadernato su tre manifesti finora abbandonati posti all’accesso del paese: è l’inizio della guerra di Mildred, una donna energica e determinata, contro la polizia locale, che non è stata in grado di far luce sul brutale stupro ed omicidio della figlia, e più in generale contro l’intera comunità.
Questo è l’incipit del gioiello diretto, ma soprattutto scritto da Martin Mc Donagh, un capolavoro di sceneggiatura che sa mescolare in maniera pressoché perfetta elementi del noir, della black comedy, del dramma, della critica sociale, riuscendo nel contempo a interessare lo spettatore alla ricerca del colpevole dell’odioso crimine, divertirlo con il suo umorismo nero e tagliente, commuoverlo con l’empatia verso l’umanità dei personaggi, sconvolgerlo con terrificanti esplosioni di violenza, farlo riflettere con le sue istantanee sulla società e, più in generale, sulla natura umana, fino al finale “aperto” che, dopo averlo fatto ridere seppur in un crescendo di rabbia e violenza, abbandona lo spettatore da solo, ad affrontare questioni aperte evitando di fornirgli comode soluzioni.
L’ottima sceneggiatura ci trasporta attraverso questo terreno “grigio” attraverso personaggi complessi e sfaccettati, lontani da cliché e facili manicheismi, sostenuti da interpreti dalla sensibilità spiazzante: la Mildred di una grandissima Francis McDormand è una donna “estrema”, al contempo forte e disperata, umana e rabbiosa, sostenuta da una forza di volontà incrollabile e ribollente per una sete di giustizia/vendetta che la rende disposta a tutto. La sua forza, l’ira e la testardaggine sconvolgono e spaventano la piccola comunità, che la teme e cerca di allontanarne la furia, eppure non può far a meno di provare empatia per la sua tragedia I suoi avversari, lungi dall’essere cattivi unidimensionali, mostrano tutte le loro umane debolezze: la malattia che lentamente distrugge dall’interno lo sceriffo Willoughby (Woody Harrelson), il travaglio del vicesceriffo Dixon (strabiliante Sam Rockwell), altro personaggio “estremo”, per tutta la prima parte disturbante nel parossismo del suo razzismo e violenza, che conosce una stupefacente parabola (anche emancipandosi dal rapporto morboso con l’inquietante madre).
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