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Tre manifesti a Ebbing, Missouri

Regia di Martin McDonagh vedi scheda film

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La recensione su Tre manifesti a Ebbing, Missouri

di Mulligan71
7 stelle

McDonagh ha fatto tre film, tanti quanti i manifesti esposti poco fuori Ebbing, un'amena cittadina del sud degli Stati Uniti, in Missouri. E, come per i manifesti, con una certa distanza (temporale) fra l'uno e l'altro. Il fantastico, cultissimo, "In Bruges", 2008, il folle, strampalato, ma divertente "7 Psicopatici", 2012, e ora questo film che rischia di dargli l'investitura ufficiale a regista di prima grandezza. Si parla già di Oscar per "Tre Manifesti" e l'hype attorno a quest'opera è davvero alta, ma, sinceramente, mi pare un'eccitazione piuttosto esagerata. La cosa più bella del film è l'atmosfera sudista, specialmente se visto in lingua originale. La ricostruzione dei rapporti fra i vari personaggi di Ebbing, è l'America profonda in piccola scala. Cose già viste e straviste in cento altri film "rurali" o "di provincia", anche migliori di questo, ma a cui fa sempre piacere assistere, cullati da un dondolo, sul patio di una vecchia casa in legno, con del buon bourbon e un fucile a portata di mano. Lasciamo stare i Coen, per piacere, di cui ho visto gran poco qui dentro, se non per una certa raffinatezza nella scelta della colonna sonora (questa sì, bellissima) e per la McDormand, laconicamente cattiva e molto nera. La storia raccontata si frammenta quasi subito nei volti e nelle storie personali dei vari personaggi che ruotano attorno alla vicenda, quasi che McDonagh abbia preferito l'affresco alla trama. Volendo, c'è più Altman, qui dentro, dei Coen di cui sopra. "Tre Manifesti" è un film d'attori, tutti di prim'ordine e tutti nella parte, a cominciare da una bravissima McDormand per passare a Woody Harrelson, nella scontatissima parte del poliziotto (dovrebbero farlo agente ad honorem), a un Sam Rockwell dalla doppia identità. Il racconto non è fluido, ha qualche dissonanza, ma il movimento lento, tipico di quelle parti, tiene insieme il tutto con tenacia e, alla fine, scricchiolando un po' si arriva al termine delle due ore con discreta indolenza e una discreta soddisfazione. Un buon prodotto, non un capolavoro. "In Bruges" rimane irraggiungibile.

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