Regia di Martin McDonagh vedi scheda film
Cinema solido, cinema impegnato, cinema di spessore quello che ci propone Martin McDonagh con "Tre manifesti a Ebbing, Missouri". Probabilmente uno dei migliori film della stagione, una pellicola che già alla presentazione a Venezia aveva riscosso molti consensi anche se aveva mancato i premi più importanti, e che adesso si presenta come uno dei favoriti nella corsa agli Oscar dopo aver vinto quattro Golden Globe nelle categorie principali. La presenza di Frances MacDormand pone il film sotto il segno del cinema dei Coen, ma McDonagh dimostra di sapere il fatto suo e di saper condurre con robusto senso dello spettacolo una sceneggiatura piena di colpi di scena e di improvvise svolte della trama, dove il connubio fra tragico e umoristico è svolto con un brio insospettabile. Cinema che riflette con disincanto sulla corruzione della polizia, sulla mancata integrazione fra bianchi e neri, sul razzismo e sulla violenza che genera altra violenza, spesso non può non ricordare "Fargo", ma la bravura di McDonagh è di saper imporre una sua cifra stilistica personale, con alcune trovate a modo loro geniali quali le tre lettere dello sceriffo interpretato da Woody Harrelson, su cui non posso dire molto per non spoilerare, ma che si rivelano un espediente di sceneggiatura molto efficace. E gli attori sono in gran forma, con una Mac Dormand strepitosa nel rendere le sfaccettature di un personaggio molto amaro e disilluso, quasi il rovescio della medaglia della sua eroina di "Fargo", ma anche ottimi contributi di Sam Rockwell, il citato Harrelson, il giovane Lucas Hedges e John Hawkes. Forse qualche leggera inverosimiglianza e ingorgo nella seconda parte, ma se ci si passa sopra tenendo conto della ricchezza contenutistica dell'opera, il film resta uno dei più compatti e incisivi degli ultimi tempi, con una regia degna dei Coen anche nella voluta crudezza di diverse sequenze.
voto 9/10
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