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Tre manifesti a Ebbing, Missouri

Regia di Martin McDonagh vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Tre manifesti a Ebbing, Missouri

di karugnin
6 stelle

L’inizio è vera folgorazione, come poche volte accade. Ci ripenserai alla fine, con sincero rimpianto, quando, interdetto, te ne rimarrai lì con quell’amaro in bocca. Ma andiamo per ordine. Quasi nemmeno il tempo di trovare la posizione in poltrona e sei già nella pelle di Mildred, il gelido dolore dentro, la tiepida puzza di Ebbing fuori. McDonagh non usa stratagemmi: con una narrazione di rara purezza, senza didascalismi e con l’unico fugace flashback più dito nella piaga che spiegone, ti avvolge addosso la sua storia. “Raped while dying” cita con raccapricciante tecnicismo il primo dei tre poster: non serve altro a metterci in pari col presente. Il passato invece intride il corpo e il volto di Mildred, la Frances McDormand che non ti ha mai tradito, da “Mississippi Burning” a salire, che marchia il film e annienta le quote dei books per i prossimi Oscar. Un’ora abbondante di racconto perfetta, l’ossimoro di un cinismo sofferente e svariate miserie umane tutt’intorno, in questa Ebbing inventata (che già fu Dogville e, perché no, anche un po’ Acitrulla), dove pare non esserci scampo per nessuno. Fino all’apice, dove assurge anche l’Harrelson che difficilmente lascerà insensibili i candidatori per il supporting role, con quel cappuccio recante istruzioni, cinquemila dollari pre-testamento a garantire altri trenta giorni di manifesti e due bellissime lettere postume.

Ma poi, come detto, purtroppo, dannazione, succede qualcosa. Forse a McDonagh prendono i cinque minuti, giacché inspiegabilmente cambia registro. Sospetti che qualcosa stia cambiando quando il poliziotto Dixon/Rockwell inizia a trasformarsi in un cartone animato. E comprendi che l’idillio è finito quando la sessantenne Mildred, titolare di un negozio di ninnoli, inanella quattro lanci di molotov dalla finestra con una perizia balistica che nemmeno Adriana Faranda. Il film diventa altro, la sceneggiatura impazzisce e abbandona la solidità forse troppo faticosamente mantenuta sino a quel momento. Un florilegio di discrepanze, situazioni inattendibili e personaggi dal nulla che trasfigurano il tutto. Un disastro inarrestabile. Nove alla prima parte, tre (col cuore a pezzi) alla seconda. Peccato.

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